La Cav e la sfida del Passante Verde Gli agricoltori: «Facciamo bene i conti»

Sei novembre del 2017. In un fazzoletto di terreno tra le vie Caltana e Vetrego, tra i tir che sfrecciano sul Passante e la trattoria Al Sogno, vengono piantati i primi alberi di quello che la stessa Cav, definiva «Il Passante Verde 2.0, la prima autostrada verde d’Italia». Obiettivo: «Far crescere un bosco di pianura per una larghezza di 40 metri per lato lungo i 32 chilometri del Passante, per un totale di 400 ettari complessivi». Nella foto simbolo di quel giorno, la presidente della concessionaria Cav (partecipata da Anas e Regione), Luisa Serato, pettorina arancione, imbraccia un badile per mettere a dimora una piccola quercia nel terreno. Era la dimostrazione plastica di un progetto che era già stato annunciato alla fine del 2015. «A partire dal 2016, partirà un Passante Verde 2.0», recita una nota che fu preparata per i giornalisti conservata nell’archivio del sito internet di Cav, «si tratta di un ulteriore e sostanziale incremento di fasce boscate larghe fino a 40 metri su ciascun lato dei 32 chilometri dell’infrastruttura».
Due anni dopo
Due anno dopo il primo alberello posato a Mirano, in quello stesso fazzoletto di terra, le piante arrivano all’altezza dei fianchi, qualcuna è rinsecchita. Almeno il 10% è destinato a morire. «È normale che sia così», dice Flavio Tomaello, responsabile di zona di Confagricoltura, «era terreno da riporto, le radici devono attecchire, poi prenderanno lo slancio. È già una fortuna che non siano morte più piante. Piuttosto, c’è da chiedersi cosa sia accaduto in tutto questo periodo». Il 6 novembre di 2 anni fa c’era anche Tomaello alla cerimonia di piantumazione degli alberi. «E sollevai subito i miei dubbi. Chiariamoci: il progetto è fantastico, 400 ettari di fasce alberate! Ma c’è bisogno di farlo camminare su tre gambe, per realizzare un progetto fattibile: Cav, imprenditori agricoli e Comuni. Perché in questi due anni la Concessionaria non ha convocato un solo incontro sul tema?». È la domanda che si fanno tutti, anche nelle altre associazioni di categoria: Cia e Coldiretti. Interpellata anche ieri, Cav ha deciso di non rispondere. E intanto tra gli agricoltori si inizia a discutere.
Il nodo di Vetrego
Per capire le potenzialità del progetto è sufficiente percorrere i chilometri dell’A4 tra Mirano e Scorzè, dove la cesura del Passante ha realizzato un patchwork di terreni, case e aziende con vista sul nastro d’asfalto. Nei terreni di sua proprietà, ottenuti tramite espropri pagati molto bene, Cav ha piantato alberi e siepi. Brandelli terreno che si mescolano con quelli degli agricoltori. Al civico 16 di via Basse nella comunità più martoriata dai cantieri e che si sviluppa intorno alla chiesa di San Silvestro di Vetrego, Sandro Zanetti aveva fino a cento vacche da latte. Un po’ le quote latte, un po’ gli espropri del Passante, oggi le stalle sono vuote, tra il nuovo tracciato del Passante e la vecchia A4. «Qui mi è rimasto circa un ettaro e mezzo di terreno», spiega, «coltivati a soia e frumento». L’ipotesi di aderire al Passante verde lo incuriosisce ma gli mette anche dubbi. E a far di conto è la moglie Mariangela Brusegan. «Quanto daranno di affitto, quanto si prenderà dal cippato (legno in scaglie, ndr), e soprattutto quanto ci vorrà per ottenere il cippato?». Le domande sono aperte. Oggi, in questa zona, i terreni coltivati a cereali vengono affittati a partire da 600 euro all’ettaro all’anno. E’ chiaro che, se il combinato tra l’affitto e il cippato dovesse equivalere o superare questa somma, la proposta potrebbe incuriosire i proprietari. «Certo che ci si potrebbe pensare», dice Zanetti, «aspettiamo di capire la proposta». Accanto ai suoi terreni ci sono quelli del cugino. Se qui, un giorno, dovesse nascere un bosco, permettere di proteggere - lato Est - da rumori e polveri sottili la frazione di Mirano.
Il prof di agraria
Massimo Novello ha 47 anni, è un prof di agraria all’istituto Lorenz di Mirano, dove mescola tradizione e innovazione, ed è anche un imprenditore agricolo, dieci ettari dalle parti di via Caltana, dove il Passante si infila sottoterra. Dieci anni fa lavorò per Pdm, la società che ha realizzato il Passante, al monitoraggio ambientale dei cantieri. «La prima idea di Passante Verde fu concretizzata dalla Coldiretti, anche se quella era un’altra storia», ricorda Novello. Oggi sul piatto le imprese aspettano - per valutarla - la proposta di Cav. Che, appunto, dovrebbe vedere la pubblicazione di un avviso di interesse pubblico, con il coinvolgimento dei Comuni e delle associazioni di categoria, per intercettare le imprese agricole interessate all’affitto - per una durata da stabilire - in cambio dell’impianto di essenze buone per ricavarne legno. «Il cippato non è molto produttivo», riflette, «il progetto è affascinante. Da un lato credo che potrebbe interessare chi ha dei terreni residuali lungo il Passante, e che quindi oggi non riesce a sfruttarli. Dall’altro si tratta di un progetto in grado di funzionare solo se realizzato in modo organico su tutto il territorio». Le perplessità aumentano quando, percorrendo il tracciato del Passante, ci si sposta verso Martellago e Scorzè.
Il radicchio vale oro
Terra di radicchio rosso di Treviso, l’oro rosso di queste zone. Anche se le produzioni agricoli dovrebbero escluse dal master-plan del Passante Verde, tra gli agricoltori ci si confronta. A parlare di Passante a Livio Luise monta ancora la rabbia. «Prima qui c’era la campagna, ora ci sono solo pezzi di terreno». È proprio così che si è modificato il paesaggio, in un modo che potrebbe sfuggire a uno sguardo distratto. I campi di Luise sono lungo via Moglianese. Il Passante li ha tagliati in diagonale: due ettari di qua, e uno di là. Per andare da una parte all’altra con il trattore gli tocca fare il giro dell’oca. Un po’ coltivati (radicchio e asparagi) e un po’ no. E di dare in affitto il terreno, proprio non gli viene in mente. «Forse potrebbe essere utile a livello ambientale, ma mi sembra difficile che, in queste zone, molti agricoltori possano aderire. Fa di conto, e mette le mani avanti: «Un ettaro di terreno può produrre anche 100 quintali di radicchio che, a seconda della varietà, può essere venduto al mercato tra i 3 e i 10 euro al chilo». Non c’è affitto che tenga.
questione di sole
Alle 14 Beppino Bragato è tra i suoi campi, in via Ariosto, a Cappella. Si è svegliato all’1, è andato al mercato di Marghera a vendere le sue verdure, è tornato a casa si è messo al lavoro fino all’ora di pranzo. E dopo una nuova pausa è di nuovo al lavoro. Ha 59 anni, lavora da quando ne aveva 14. Sa come funzionano le cose. «Erano già venuti, un bel po’ di tempo fa», spiega, «a chiedermi di poter mettere degli alberi. Poi nessuno li segue, e se i rami secchi si staccano e mi bucano la copertura delle serre? E poi io non posso stare con gli alberi, ho bisogno del sole. C’è una proposta per le parti di terreno non coltivate? Comunque è giusto vederla, parliamone». —
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