La “casa” del Bucintoro farà rivivere l’Arsenale

Il passaggio del complesso dal Demanio al Comune consentirà l’apertura di uno degli spazi più preziosi con l’obiettivo di ricostruire l’antica imbarcazione
Di Alberto Vitucci

Dopo le vele della Coppa America, i cantieri veneziani. Il sogno di riportare all’Arsenale l’antica sapienza marinara dell’ex Serenissima sta per diventare realtà. Il passaggio di proprietà del complesso monumentale dallo Stato al Comune consente adesso di tracciare piani a breve termine per il rilancio dell’attività cantieristica. Primo passo quello di riaprire la Tesa del Sansovino, meglio nota come «Casa del Bucintoro». Uno degli spazi più preziosi dell’antico Arsenale, costruita da Jacopo Tatti il «Sansovino» proprio per costruire la celebre imbarcazione. Il sindaco Giorgio Orsoni ha ricostituito la Fondazione Bucintoro, che ha l’obiettivo di riprendere il progetto di ricostruzione della nave di Stato della Repubblica, simbolo del potere dogale, distrutta da Napoleone nel 1797. L’ingresso di nuovi soci privati come la banca Paribas fa ben sperare per il proseguimento del progetto. Ma soprattutto per il rilancio dell’Arsenale come luogo della produzione navale degli anni Duemila. «Speriamo molto in questo progetto», dice entusiasta Gianni De Checchi, segretario della Confartigianato di Venezia e consigliere di amministrazione della nuova Fondazione, «siamo convinti che stavolta si possa realizzare questa operazione, e insieme il rilancio della cantieristica e dell’artigianato veneziano». Il progetto prevede di installare nella Casa del Bucintoro un grande cantiere per la costruzione del Bucintoro e per la riparazione di barche tipiche in legno. L’ultimo esemplare del Bucintoro, nave dogale alta nove metri e lunga 34, finemente lavorato con dettagli in oro, era stato costruito dal doge Alvise Mocenigo nel 1727. Il suo ultimo viaggio in laguna per la cerimonia dello «Sposalizio del Mare» risale al 1796. L’anno successivo Napoleone lo faceva a pezzi, dandolo alle fiamme. Un segno forte per dichiarare la fine della Repubblica. Da allora numerosi sono stati i tentativi mai andati a buon fine per ricostruirlo. L’ultimo, nel 2006, dell’imprenditore Davino De Poli e di Gianfranco Vianello «Crea». Industriali di Vetralla e di Cavalese avevano donato il legname, si era avviata anche la costruzione della chiglia, poi abbandonata, utilizzata a San Marco pe spettacoli teatrali. Ma tutto si era fermato. Adesso la sottoscrizione promessa dalla Paribas dovrebbe portare da fondi privati i 15 milioni di euro necessari per la ricostruzione. Ogni sottoscrittore resterà poi padrone di un «carato», cioè di una parte di imbarcazione. Non solo cantieristica, ma anche nuovi spazi per i decoratori, indoradori e intagliatori, artigiani del legno e del ferro. Una piccola luce per salvare una tradizione antica, quella degli artigiani veneziani, sempre più minacciata dalla plastica e dal made in China. E un’occasione unica per rilanciare l’Arsenale e restituirlo davvero alla città.

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