La battaglia di Jenny per camminare
«Anni di terapie e adesso ce la faccio. Ma l'Asl non mi sostiene con le spese»

Una fase del trattamento riabilitativo con il metodo Therasuit
«Sono nata prematura, affetta da tetraparesi spastica infantile. Mi avevano detto che non avrei mai potuto camminare. Ma grazie a terapie seguite presso centri privati vedo progressi continui. Purtroppo costano tantissimo. E l'Asl non riconosce queste spese». Jenny Cocchetto, 30 anni, rivendica il suo diritto ad alzarsi dalla sedia a rotelle. E si è affidata a un legale.
Un parto prematuro all'ex Umberto I, un cesareo d'urgenza, due mesi in incubatrice. «Mia madre, una volta a casa, capisce subito che ci sono dei problemi, ma i medici le dicono che stavo benissimo» racconta Jenny. A tre mesi la visita di un fisiatra che gela la madre: «Sua figlia resterà un vegetale per tutta la vita». Così, per fortuna, non sarà. Piccoli passi, pur sostenuta, Jenny riesce a compierli. Ma per muoversi ha bisogno di una carrozzina e fino ai 13 anni tutti i medici da cui viene visitata le dicono che non sarebbe mai riuscita a camminare.
L'intervento.
A 13 anni sospende le terapie per una displasia all'anca. La mandano a Udine per un'operazione agli adduttori e flessori delle anche e delle ginocchia. A 18 anni Jenny si presenta da un fisiatra dell'Asl 12 e chiede di iniziare un percorso di recupero. Quello che le viene offerto sono 10 sedute «di mantenimento» all'anno. Ma Jenny vuole progredire, non stabilizzare la sua situazione. A 23 anni si rivolge all'esterno; al privato.
Metodo Bobath.
A Portegrandi si affida a un centro che pratica il metodo Bobath: si analizzano la capacità residue del paziente e si comincia un «ricondizionamento», aiutandolo a combattere, con l'aiuto di chiunque lo segua da vicino, tutti i giorni, i sintomi e le disfunzioni della malattia neurologica. Al centro andrà per 4 anni, due volte la settimana; gli altri giorni anche 7 ore al giorno di esercizio a casa. «Ho iniziato a camminare con il deambulatore, poi con i quadripodi» racconta Jenny. A un certo punto, però, i «suoi» terapisti di fiducia lasciano il centro. Jenny è costretta a rivolgersi altrove.
In Slovacchia.
Nel 2007 tenta un altro metodo: l'Adeli. Un metodo inventato da Vladimir Petrov, un medico russo, che si basa sull'utilizzo di una specie di tuta da astronauta e sull'aiuto di 3-4 fisioterapisti che guidano i movimenti. Jenny si spinge fino a Bratislava, in Slovacchia, dov'è la clinica del dottor Petrov, per 5 cicli di sedute. All'inizio «l'esperienza è meravigliosa, è aumentato l'equilibrio, la stabilità, il cammino». Poi, però, sopravvengono delle divergenze con i medici slovacchi. Jenny sente che per progredire le «servirebbero esercizi più mirati e personalizzati».
Therasuit.
Nel giugno dello scorso anno si rivolge al Centro di Fisioterapia intensiva "Francesco Pio" di Lido di Ostia, Roma. Qui seguono il metodo Therasuit, dove sono previsti anche trattamenti in camera iperbarica. «Qui si lavora con lo scopo di farmi camminare da sola - spiega Jenny - Mi fido di loro, qui ho ottenuto i risultati migliori. E poi la Pet cerebrale ha evidenziato che le cellule della parte occipitale del mio cervello non sono morte, quindi teoricamente riattivabili».
Cure costose.
«Purtroppo le cure sono molto costose - continua Jenny - Diecimila euro al ciclo più l'alloggio. Da sola non ce la faccio e l'Asl non riconosce questo tipo di cure. L'efficacia è provata in moltissimi casi, ma non rientrando queste cure in protocolli scientifici approvati le aziende sanitarie non le finanziano. Jenny è combattiva, non vuole arrendersi. «Da 7 anni ormai vivo con l'unico scopo di arrivare a camminare - conclude - Preferisco provare dolore, in tutti i sensi, e tentare tutte le strade piuttosto che vivere di rimpianti».
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