La banda incastrata da due pentiti

A mettere nei guai i Maritan, il padre Lino e il figlio Luciano, ma anche l’appuntato dei carabinieri Silvio Volpin, trasferito dalla stazione di San Donà al Battaglione mobile dell’Arma di Mestre lo scorso anno dopo che era stato «beccato» alla guida della sua auto in stato di ebbrezza, sono stati i sandonatesi Luca Fregonese (38 anni) e il 26enne Bernardo Litrico. Dopo essere stati bloccati dai carabinieri di Eraclea, l’11 ottobre 2012, con poco più di nove etti di cocaina hanno rivelato ai pubblici ministeri Carlotta Franceschetti e Walter Ignazitto, che hanno coordinato le indagini, chi finanziava il traffico, le protezioni di cui godevano, luoghi e persone presso cui si rifornivano e l’organigramma dello spaccio che copriva tutto il Veneto Orientale, da Ceggia a Cavallino, da San Donà a Caorle. Sulla base delle loro dichiarazioni, i carabinieri del Nucleo investigativo di Venezia e della Compagnia di San Donà hanno cercato e trovato i riscontri soprattutto con intercettazioni telefoniche e anche ambientali (ad esempio hanno piazzato i microfoni pure nella sala colloqui del carcere per ascoltare ciò che raccontava il 26enne Alessandro Manzo, arrestato assieme agli altri due per i nove etti di cocaina, al padre Lodovico).
Sono due i viaggi per rifornirsi di cocaina che i sandonatesi hanno compiuto fino a Rho, in provincia di Milano. A consegnare loro il 5 settembre e poi l’11 ottobre dello scorso anno circa un chilo di sostanza stupefacente, ogni volta per 40 mila euro, una coppia già finita in galera nel capoluogo lombardo legata alla cosca della ’ndrangheta calabrese dei Molluso-Trimboli -Barbaro. A finanziare entrambi gli acquisti Luciano Maritan e Luca Fregonese: per il primo viaggio avrebbero messo ciascuno 20 mila euro per raggiungere la cifra necessaria per ottenere la cocaina, per il secondo Maritan ne avrebbe investiti 30 mila e Fregonese diecimila. A settembre a ritirare la droga erano andati Fregonese, Luciano Maritan con l’auto guidata da Lodovico Manzo. Nel secondo, sempre Fregonese accompagnato dall’ autista Alessandro Manzo. Nell’ordinanza si legge che Litrico avrebbe assistito a un incontro e ha riferito agli inquirenti che «sentì che Luciano Maritan voleva cambiare fornitore e che chiese a Fregonese se aveva un aggancio per prendere un filone buono, sia di qualità che di quantità, per poter sbaragliare il mercato degli albanesi, nigeriani e marocchini, che lo disturbavano a San Donà». E sempre Litrico ha raccontato che «Lino Maritan, il padre di Luciano, «seppur materialmente non vende a nessuno, collabora con il figlio mettendo a disposizione la casa, i campi attigui, oppure dà sistemazione logistica, anche per tagliare e dividere la droga, infatti c’è un botola sotto la casa, una specie di cantina».
Oltre di traffico di stupefacenti, Luciano Maritan, Andrea Zanini, Lodovico Manzo, Silvio Volpin, assieme a Fregonese e Litrico devono rispondere anche di truffa: utilizzano un maglione con la scritta carabinieri, una fondina dell’Arma (dentro ci avevano infilato una pistola giocattolo) e un paletta consegnate loro dall’appuntato Volpin, avevano sequestrato a Zanin novemila euro che il giovane stava per consegnare all’albanese Pellumb Sellaci, il quale gli aveva fornito una partita di droga che non gli aveva pagato. A Sellaci gli avevano lasciato pure il verbale di sequestro, fingendosi carabinieri.
L’appuntato dell’Arma arrestato deve rispondere soprattutto di corruzione. Fregonese ha sostenuto che «Volpin era sostanzialmente a libro paga di Luciano Maritan, cui forniva informazioni confidenziali, ricevendo in cambio dei soldi. A conferma anche i tabulati telefonici acquisiti dagli investigatori: hanno riscontrato che dal 29 agosto al 26 ottobre 2012 Volpin e Maritan si sono sentiti almeno venti volte. «Ora, è evidente che il carabiniere Volpin non aveva nessun motivo per contattare al telefono il pluripregiudicato Maritan un così gran numero di volte in così poco tempo se non per illeciti affari», scrive il magistrato. Litrico ha confermato di aver visto «Luciano Maritan dare i soldi al carabiniere al bar Netpoint di San Donà, quello vicino alla chiesa di San Pio X». E Fregonese ha precisato che «il carabiniere si era offerto, si è fatto avanti con Maritan». Il giudice afferma che l’appuntato deve andare in carcere perché «ha asservito la sua funzione al gruppo criminale, non solo per aver consegnato le insegni dell’Arma ai correi, ma altresì per aver mantenuto un costante rapporto con Maritan, da cui riceveva soldi in cambio di favori ed informazioni».
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