Jesolo. Tre donne picchiate e legate in casa dai rapinatori

JESOLO. Rapina in villa a Jesolo Paese, tre donne picchiate e sequestrate per un’ora in via Calvi, lungo il canale Cavetta. Una serata di terrore per Palmira e Marta Veronese, rispettivamente mamma 89enne e figlia, ex coniuge del compianto albergatore, titolare dell’albergo Mirafiori, Enzo Busolin, quindi la badante romena Tatiana. Stavano preparando la cena intorno alle 19 quando hanno sentito dei rumori sul retro. Subito dopo quattro uomini sono entrati nel soggiorno, con il passamontagna, tute nere, guanti, addirittura copriscarpe. Hanno gridato «polizia» per confondere le tre donne. La prima ad affrontarli è stata la badante Tatiana che ha iniziato a gridare per la paura. Per tutta risposta si è presa uno violento schiaffo da uno dei rapinatori, che le ha procurato una ferita al labbro e 10 giorni di prognosi.
La donna è stata subito legata con delle fascette di plastica a polsi e caviglie, quindi i malviventi le hanno tappato la bocca con nastro adesivo per impedirle di gridare ancora. Poi si sono diretti alle altre due donne, la signora Palmira e la figlia Marta. Entrambe sono state legate polsi e caviglie sempre con le fascette di plastica.
L’anziana è stata bloccata su una poltrona, mentre la figlia Marta è stata obbligata a portarli al piano superiore della villetta di via Calvi. I parenti nell’abitazione di fianco non si sono accorti di nulla. Una volta al piano superiore hanno fatto razzia di gioielli e oro, in grande quantità. Non è ancora stato quantificato il valore, ma potrebbe aggirarsi attorno ai 50 mila euro.
Hanno anche aperto una botola che collega alla condotta delle acque nere, pensando ci fossero nascosti dei soldi o preziosi. Una volta discesi, Marta è stata fatta sedere su una sedia, mentre il telefono cellulare ha iniziato a squillare. I malviventi si sono innervositi perché anche il telefono fisso di casa suonava. Le tre donne stavano attendendo delle amiche per giocare una partita a burraco. A quel punto hanno requisito telefonino cellulare e cordless e sono usciti dalla porta sul retro dileguandosi e gridando «Allah Akbar». Una frase che potrebbero aver pronunciato per confondere le donne.
I quattro erano di corporatura media e si intravedevano gli occhi azzurri. Una delle amiche ha iniziato a suonare il citofono e Marta si è trascinata dalla sedia, con le caviglie doloranti e sfregiate dalle fascette che le hanno procurato ferite guaribili in 10 giorni.
Una volta aperta faticosamente la porta, davanti agli occhi dell’amica si è manifestata quella scena agghiacciante, con le tre donne disperate che chiedevano aiuto. Hanno chiamato la polizia che ha subito inviato sul posto una volante per sentire le prime testimonianze e iniziare le ricerche.
Curiosamente le amiche che si stavano dirigendo in via Calvi avevano notato quattro uomini che correvano lungo via Ca’ Gamba e avevano pensato fossero appassionati di jogging stupidamente vestiti di nero e con il rischio di essere investiti. Erano invece i quattro rapinatori che stavano forse raggiungendo un’auto con cui dileguarsi. —
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