«Io, rovinato dalla febbre del gioco»

DOLO. «Il gioco d’azzardo era diventata una febbre, non riuscivo più a controllarmi. I fatti di cui mi si accusa risalgono a tre anni fa e ho ammesso le mie responsabilità davanti al giudice. Mi risulta che le persone a cui sono mancati dei soldi siano state coperte e risarcite dalla stessa compagnia assicurativa. Ora lavoro come cameriere part- time in un locale della zona, e spero di ripartire con la mia vita dopo il processo. Senza questa speranza non so cosa farei». Nicola Chieregato, l’uomo che ha dissipato 700 mila euro dei suoi clienti al casinò si passa la mano sui capelli mentre la madre, vicino a lui, piange in silenzio davanti alla casa dei genitori, costruita dal padre a Sambruson dopo una vita di sacrifici.
Chieregato, 39 anni, fino a qualche anno fa era sub agente per la compagnia Assitalia di Castelfranco con ufficio distaccato a Carmignano di Brenta. In due anni secondo le accuse della magistratura, avrebbe dissipato un patrimonio di almeno 700 mila euro non suo, sui tavoli da gioco del Casinò di Venezia. I soldi che spendeva però erano quelli dei premi che decine di persone hanno pagato per polizze sulla vita o integrative. E’ stato denunciato per appropriazione indebita e truffa aggravata in concorso con la convivente e la madre, che si sono trovate invischiate in questa vicenda perché lui ha intestato loro più di un assegno (forse a loro insaputa), in modo da eludere i controlli.
Ad accorgersi che qualcosa non andava era stato l’agente generale di Ina Assitalia Giambattista Coletti. Ha controllato se i premi delle polizze di Chieregato fossero stati versati e si è accorto degli ammanchi. Da qui si è fatto il calcolo dei soldi spariti e si è arrivati ad una cifra non inferiore a 700 mila euro che è stata pagata ai clienti da Ina Assitalia, ripianando i buchi.
La mamma non riesce più ad arginare le lacrime: «Nicola», spiega davanti al figlio, «era come un tossicodipendente. La febbre del gioco lo ha talmente preso che non sapeva più cosa faceva. Sentiva solo che doveva continuare a giocare». A differenza di tanti altri casi, in casa Chieregato nessuno nega le colpe. Gravi.
«Abbiamo spiegato al giudice», dice la mamma, «tutto quello che era capitato. Per noi come genitori è un dolore grandissimo. Siamo sempre stati gente onesta, gran lavoratori e vederci coinvolti in una brutta storia così è diventato davvero un incubo».
Sia la mamma che Nicola spiegano che: «Per fortuna i clienti hanno avuto i loro soldi indietro dalle assicurazioni». Nessuno insomma si presenterà come nei casi del crack Calzavara a Caltana o del promotore finanziario Meggiorin davanti ai cancelli della casa per avere i soldi indietro. Per Nicola Chieregato ora il futuro è tutto in salita.
«Ora? Ora aspetto il termine del processo e di sapere cosa ne sarà di me», dice, «adesso faccio il cameriere part-time. Sono pronto ad assumermi le responsabilità per quello che ho fatto. Voglio poter poi, se sarà possibile, tentare di rifarmi una vita».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia