«Io e il mio donatore con gli occhi azzurri»

La storia di Elena, mamma con la fecondazione eterologa
Di Annalisa Celeghin
Una foto di archivio mostra un' inseminazione svolta in laboratorio con l'iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo nell'ovulo. Sullo schermo del computer, infatti, e' ben visibile l' entrata dell' ago nell' ovulo che introdurra' lo spermatozoo. Il divieto di fecondazione eterologa, previsto dalla legge 40, "condiziona" la "possibilità delle coppie eterosessuali sterili o infertili" di "poter concorrere liberamente alla realizzazione della propria vita familiare". Lo scrivono i giudici di Milano che hanno sollevato la questione di incostituzionalità della legge davanti alla Consulta ARCHIVIO /ANSA/
Una foto di archivio mostra un' inseminazione svolta in laboratorio con l'iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo nell'ovulo. Sullo schermo del computer, infatti, e' ben visibile l' entrata dell' ago nell' ovulo che introdurra' lo spermatozoo. Il divieto di fecondazione eterologa, previsto dalla legge 40, "condiziona" la "possibilità delle coppie eterosessuali sterili o infertili" di "poter concorrere liberamente alla realizzazione della propria vita familiare". Lo scrivono i giudici di Milano che hanno sollevato la questione di incostituzionalità della legge davanti alla Consulta ARCHIVIO /ANSA/

«Da qualcosa dovevo pur iniziare e allora ho pensato: vorrei che mio figlio avesse gli occhi azzurri. E così ho scelto un donatore con questa caratteristica».

Elena, 44 anni, di Mogliano Veneto e con un vissuto padovano, si è stabilita a Londra ormai da qualche anno per motivi di lavoro. Torna dalle nostre parti durante le festività, ma è comunque Londra il luogo dove ha scelto di vivere. Ed è sempre lì che ha deciso di provare a realizzare un sogno che aveva ormai da tanto, ma che ancora non era riuscita a realizzare: quello, naturalissimo, di avere un figlio.

La vana ricerca.

«Dopo numerose relazioni fallimentari, avevo circa 40 anni, mi sono trovata davanti ad un bivio: continuare a cercare l'uomo giusto con cui avere un figlio oppure farlo da sola. Ci ho messo due anni a decidere, ho chiesto consiglio alla mia famiglia e ai miei amici più stretti. Alla fine, anche grazie al loro appoggio entusiastico, mi sono decisa».

In Inghilterra alla pratica della fecondazione eterologa sono ammesse anche donne single, così Elena si rivolge ad un ospedale di Londra.

«È stato tutto sommato abbastanza facile», racconta. «Mi hanno dato tutte le informazioni che servivano, ho potuto parlare con chi aveva già fatto questa esperienza e mi sono sottoposta agli esami pre-natale, e sempre tutto gratuitamente. L'unica cosa che mancava era la materia prima, ossia lo sperma: infatti all'interno della struttura ospedaliera non esiste la banca del seme. Così mi è stato consigliato di rivolgermi ad una struttura specializzata: ne ho scelta una danese, perché lì i donatori sono “aperti”, ossia non anonimi e si possono contattare. Se un giorno mio figlio vorrà conoscere suo padre, in questo modo sarà in grado di farlo».

Il database.

Ed è qui che la futura madre single si trova a dover fare una scelta, fra le tante che la situazione comporta, piuttosto importante: quella del donatore.

«Esiste un database per ogni banca del seme, dove si trovano tutte le informazioni relative ai donatori: un profilo su di lui e la sua famiglia, una sua foto da bambino, un test psicologico a cui è stato sottoposto, una breve intervista grazie alla quale è possibile sentirne persino la voce. E una piccola nota scritta da lui e rivolta ai figli che nasceranno dal suo seme. Io ho optato per un donatore americano: alla fine ho cercato qualcuno che fisicamente fosse simile a me, anche per età. Non volevo che, qualora in futuro mio figlio volesse conoscere il padre biologico, lo scoprisse tanto più giovane di me».

Senza cure ormonali.

Elena è stata fortunata: nel 2011, al secondo tentativo di inseminazione e senza bisogno di cure ormonali, rimane incinta; ad aprile 2012 nasce suo figlio, un bel maschietto dagli occhi azzurri.

«Ho deciso di trascorrere il periodo della maternità in Italia, con la mia famiglia. E confesso che ero un po' preoccupata: come avrebbero reagito le persone del mio paese al fatto che avessi avuto un figlio in questo modo, da sola? Sono stata positivamente sorpresa: nessuno mi ha criticata per la scelta. E i miei genitori impazziscono per il loro nipotino».

La gestione del piccolo.

Da allora la vita di Elena ha subito una forte accelerata: fra lavoro e gestione del piccolo le giornate sembrano non bastare mai.

«Qui a Londra sono da sola e non è facile. Ma nell'azienda per cui lavoro c'è molta flessibilità: nessuna riunione alle otto di sera per le madri di bimbi piccoli e nessun problema se devo fare qualche assenza perché mio figlio, per esempio, è malato. Sono ancora single: non ho tempo né voglia di cercare una vera relazione. Ma sono felicissima, quella che ho vissuto è un'esperienza di cui parlo volentieri perché so che molte donne hanno questo desiderio ed io consiglio davvero di provarci».

I costi dell’iter.

Per tutto l'iter dell'inseminazione Elena ha speso circa 4.000 sterline, più o meno 4.800 euro; se si fosse rivolta ad una clinica privata e avesse dovuto fare più tentativi la cifra sarebbe certamente raddoppiata. «Mio figlio cresce bene ed è equilibrato. Gli dirò sempre e sinceramente la verità sul suo padre biologico. Anzi: ho già iniziato a farlo quando era ancora nel pancione. Per lui è una bella storia da ascoltare e quando gliela racconto sgrana i suoi occhioni azzurri e mi dice “yaaaaaaa”. Il suo modo di dire sì».

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