«Intervento in ritardo»: in due a processo

MIRANO. Per il giudice veneziano Giuliana Galasso, la cardiologa Nicoletta Frigato e l’infermiera Alessandra Pavan, entrambe in servizio all’ospedale di Mirano, vanno processate per omicidio colposo. Il magistrato infatti nei giorni scorsi, ha respinto la richiesta di archiviazione e ha ordinato al pubblico ministero di formulare la richiesta di rinvio a giudizio con il capo d’imputazione. A presentare un esposto, chiedendo chiarezza sulla morte del proprio caro, Roberto Manfredi, erano stati la vedova e i due figli che si sono affidati all’avvocato Elio Zaffalon.
I fatti risalgono alla vigilia di Natale di cinque anni fa. Manfredi era ricoverato nel reparto di Cardiologia di Mirano. Stando alle accuse, l’infermiera Pavan non avrebbe tempestivamente attivato l’intervento della cardiologa di turno la notte tra il 17 e il giorno seguente. La dottoressa Frigato, di turno quella notte, non avrebbe adeguatamente valutato anche a livello clinico-strumentale le condizioni del paziente Manfredi e avrebbe omesso quindi le opportune terapie nonché le sollecitazioni agli specialisti, che il mattino dopo avrebbero potuto intervenire immediatamente e non dopo alcune ore, come in realtà sarebbe accaduto.
Lo stesso giudice Galasso scrive che «è presumibile che se la cardiologa fosse intervenuta nella notte avrebbe potuto constatare il versamento pericardico, monitorandone l’andamento e predisponendo un tempestivo intervento». La dottoressa avrebbe inoltre sbagliato la valutazione sulla necessità di un intervento sulla base del fatto che il «versamento non fosse tamponante». Una decisione «quanto meno imprudente che abbia condotto ad una morte che non si sarebbe verificata in quel modo e in quel tempo».
Il consulente del pubblico ministero, il medico legale padovano Silvia Tambuscio, tra l’altro, nella sua relazione aveva anche sostenuto di aver registrato «gravi carenze nell’organizzazione dell’assistenza sanitaria al paziente operato e degente in cardiochirurgia presso l’ospedale di Mirano», precisando che si trattava di «insufficiente assistenza medica presso il reparto di degenza» e che come «durante la notte e nei giorni festivi l’unità operativa di cardiochirurgia non sia stata in grado di garantire almeno un medico cardiochirurgo di guardia».
Considerazioni, quelle del consulente del pubblico ministero, che comunque non hanno portato a contestare responsabilità ai dirigenti sanitari del nosocomio, come invece chiedeva l’avvocato di parte civile.
Giorgio Cecchetti
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