Infortuni sul lavoro, Venezia in zona rossa: sei morti da inizio anno
L’incidenza è salita al 16,3 rispetto al 10,4 dell’anno precedente. I lavoratori stranieri e il nodo della percezione del pericolo

Venezia finisce in zona rossa ma stavolta non per motivi di ordine pubblico: a determinarlo è il numero di morti sul lavoro. Lo rileva uno studio dell’osservatorio mestrino Vega Engineering che ha analizzato i dati Inail, secondo cui nel capoluogo veneto l’incidenza nel 2025 sale al 16,3 rispetto al 10,4 dell’anno precedente: da gennaio a maggio 2025 i decessi sul lavoro sono saliti a 6, rispetto ai 4 registrati nello stesso periodo del 2024.

A pagare il prezzo più alto restano edilizia e manifatturiero, due pilastri dell’economia regionale con manodopera spesso esterna, lavorazioni in quota e macchinari industriali complessi.
E a livello regionale, il Veneto rientra in zona arancione con un tasso di mortalità sul lavoro superiore alla media nazionale: nei primi cinque mesi del 2025 si contano già 38 vittime, raddoppiati rispetto all’anno precedente. Tradotto: quasi due morti alla settimana.
La Regione è la seconda per numero di decessi dopo solo alla Lombardia, con 30 infortuni mortali in occasione di lavoro (16 in più dello scorso anno) e 8 in itinere (3 in più del 2024). Per Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio, «la situazione è davvero critica sia sul fronte dei numeri assoluti delle vittime che su quello delle incidenze e rischio di morte per i lavoratori».
Considerando anche le morti avvenute nel tragitto casa-lavoro, Padova e Vicenza condividono la maglia nera per numero di vittime totali (9), seguita da Venezia e Verona (7), Treviso (4) e Rovigo (2). Vicenza guida anche la classifica delle vittime in occasione di lavoro (8). Seguita da Venezia e Padova (6), Verona (5), Treviso (3) e Rovigo (2).
Venezia dunque non è l’unica a colorarsi di rosso, ci sono altre due province: Vicenza e Rovigo. «Le attività manifatturiere, alla fine di maggio 2025, sono ancora in cima alla graduatoria delle denunce di infortunio, seguite da costruzioni, commercio, trasporti e magazzinaggio, e sanità» spiega Federico Maritan, direttore dell’Osservatorio.
Numeri, statistiche e un dato di fatto: la cultura della sicurezza va ancora incentivata. Ma ad influire è anche una diversa percezione legata alla cultura d’origine, uno dei punti più critici e sui quali è difficile intervenire con progetti di formazione specifica: «Chi proviene da Paesi extraeuropei tende ad accettare livelli di rischio sul lavoro che per noi sarebbero inaccettabili», spiega Maritan.
Rallentare, avere il tempo per lavorare meglio senza rischiare vite umane, è l’appello della Uil.
«A Venezia, come in tutto il Veneto, si sceglie di mettere davanti il profitto alla vita delle lavoratrici e dei lavoratori», spiega la Cgil, «Risulta del tutto inutile fare grandi proclami sulla formazione con questi numeri senza mettere in discussione il nostro sistema di sviluppo territoriale che si basa su precarietà, ritmi sempre più insostenibili e l’idea diffusa che la sicurezza sia un costo inutile e una mera formalità burocratica da assolvere».
L’incidenza di mortalità è massima tra i lavoratori over 65, seguiti dalla fascia 55-64 anni e da quella 15-24 anni. Quanto alle denunce di infortunio per genere, in Veneto quelle presentate da donne lavoratrici ammontano a 10.453, di cui 8.383 avvenute durante l’attività lavorativa. Più elevato il numero tra gli uomini: 19.649 segnalazioni totali, 17.406 in occasione di lavoro.
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