Inchiesta sul Mose, Gianpietro Marchese si autosospende dal Pd

VENEZIA Il consigliere regionale Giampietro Marchese si è autosospeso dal Pd. L’ha reso noto in serata il segretario della federazione veneziana, Michele Mognato, che ha definito il passo indietro «Un atto opportuno perché volto ad evitare strumentalizzazioni politiche anche se non previsto dallo statuto del Partito»; «Il Pd è estraneo ai fatti oggetto d’indagine», ha concluso il dirigente democratico «ed è evidente che auspichiamo la massima chiarezza, ribadendo la nostra fiducia nel lavoro della magistratura».
Marchese, il cui nome compare nelle indagini della Guardia di Finanza come presunto destinatario di contributi elettorali illeciti dal Consorzio Venezia Nuova, ha 55 anni, vive a Jesolo ed è al terzo mandato nell’assemblea di Palazzo Ferro-Fini dove in passato ha ricoperto la carica di vicepresidente e di capogruppo. Veterano del Pci-Pds-Ds-Pd, è stato responsabile organizzativo e si è occupato delle primarie. Ha presieduto, fino a tre mesi fa, la Fondazione Rinascita che gestisce il patrimonio dei disciolti Ds ma non era il “cassiere rosso”: «Piero Marchese non ha mai ricoperto il ruolo di tesoriere del Pd veneto né di quello veneziano», ha precisato il segretario regionale Rosanna Filippin, lesta a smentire indiscrezioni trapelate a distinguere le eventuali responsabilità personali da quelle del partito democratico «attendiamo che le indagini facciano il loro corso in totale autonomia e mi auguro che si giunga presto all'accertamento dei fatti, sono sicura che Piero Marchese potrà dimostrare la sua totale estraneità a quanto riportato dalla stampa». Quanto ai finanziamenti privati, Filippin conclude ricordando che «Il bilancio del Pd, a livello nazionale ma anche regionale, è pubblico e certificato da una società di consulenza esterna, la Price Water House. Chiunque voglia può liberamente visionarlo sul nostro del Pd».
La vicenda, comunque, suscita tensioni e disagio nel partito. In mattinata, ben prima dell’annuncio di Marchese, era stata la deputata trevigiana Simonetta Rubinato a rompere il silenzio, auspicando un segnale di discontinuità: «L’inchiesta sui presunti finanziamenti illeciti versati ad esponenti politici regionali, sta allargando ancor di più il solco tra i cittadini, politica e partiti, è bene che quanto prima sia fatta luce sull’intera vicenda da parte della magistratura», la premessa della parlamentare «per questo la stessa dirigenza del Pd deve collaborare con le autorità inquirenti e chi ritiene di poter essere coinvolto si autosospenda per non travolgere l’intero partito compromettendo l’impegno di molti militanti, dirigenti ed eletti che continuano a fare politica in modo corretto». «Già il tema del finanziamento lecito ai partiti è controverso», ha concluso Rubinato «figuriamoci poi se dovesse essere confermato che accanto ai contributi pubblici c’era anche il canale del finanziamento illegale. Perciò è doveroso che dirigenti, eletti e candidati democratici facciano piena chiarezza sui contributi ricevuti e sulle spese sostenute. In questo momento è necessaria la massima trasparenza e sobrietà».
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