Il segreto dell’Istria Turismo rilanciato grazie ai fondi europei

TRIESTE. Nel 2018, più di 3 milioni di persone hanno visitato le principali città della costa istriana, per un totale di circa 14 milioni di pernottamenti. Capodistria, Pirano, Umago, Parenzo, Rovigno e Pola - per menzionare le più importanti - sono diventate negli anni delle destinazioni imprescindibili dell’Alto Adriatico. E al successo nel settore turistico (il 25% di chi passa le proprie vacanze in Croazia sceglie l’Istria), si accompagna anche un generale benessere economico, con tassi di occupazione e livelli di reddito solitamente superiori alla media nazionale.
Le ragioni dell’eccezione istriana, se così la si può definire, sono molteplici, con radici che affondano nella storia e con caratteristiche che variano di città in città. Tuttavia, in tutte le località dell’Istria occidentale, le amministrazioni locali hanno affrontato e affrontano problematiche simili. C’è il patrimonio artistico da salvaguardare, la crisi dell’industria che lascia spazio a nuovi settori, un equilibrio da trovare nella gestione del turismo di massa. E servono fondi da cercare anche a livello europeo.
Il caso capodistria
Se alcune città dell’Istria vantano una lunga tradizione turistica, altre hanno scoperto questa vocazione solo di recente. È il caso di Capodistria, in Slovenia. «Fino a 20, 15 anni fa, nessuno si sarebbe immaginato che questa città sarebbe diventata un giorno una meta turistica», ammette lo storico italo-sloveno Kristjan Knez. La giunta del sindaco Boris Popovič, in carica dal 2002 al 2018, ha avuto il merito di aver ribaltato l’immagine di Capodistria, da scalo portuale grigio e senza interesse a destinazione inclusa nel circuito delle navi da crociera. La ristrutturazione delle rive, la pedonalizzazione della strada costiera che porta ad Isola ed altri interventi infrastrutturali hanno reso Capodistria più appetibile ai visitatori (nel 2018, 100 mila persone vi si sono recate). Ma la trasformazione è avvenuta a scapito di altri settori. «Lo scorso anno, per l’incuria, è crollato un palazzo del Cinquecento», denuncia Knez, che deplora come si sia a lungo «trascurato il retaggio storico cittadino». Si tratta, qui, di un tema ricorrente sulla costa istriana (e oltre): come far coesistere il turismo con la tutela della tradizione e del patrimonio locale?
le ambizioni di Pirano
A 15 km a sud di Capodistria, Pirano sembra aver trovato la sua risposta a questo quesito. La città natale del compositore Giuseppe Tartini ha da poco annunciato la sua candidatura a Capitale europea della cultura per il 2025. E anche se è presto per dire se l’obiettivo sarà o meno raggiunto, la decisione ha già messo in moto un processo di riflessione. «Abbiamo elaborato una strategia turistica su 12 mesi, sviluppando il settore wellness, quello delle conferenze (MICE) e promuovendo il nostro patrimonio culturale ed artistico», riassume Igor Novel, direttore dell’Ente turistico di Pirano-Portorose.
La tassa di soggiorno è stata portata a 2 euro al giorno e il Comune ha stanziato dei finanziamenti per ristrutturare le facciate del centro storico, interamente pedonalizzato. Con l’aiuto dei fondi europei si è poi rinnovato il molo dei pescatori ed è stato inaugurato un museo multimediale dedicato alla storia della città, mentre le saline - diventate parco e museo - ospitano oggi anche un centro benessere. Ecco che nel 2018, 600 mila persone hanno soggiornato a Pirano e l’anno prossimo si annuncia ancora più intenso: per il 250° anniversario dalla morte di Tartini, il calendario è già fitto di eventi.
Umago e il calcio
Passato il confine tra Slovenia e Croazia, Umago ha scelto invece di puntare sullo sport per la sua ricetta turistica. Oltre al celebre torneo di tennis Croatia Open Umag, che nel 2020 marcherà la sua 30ªª edizione, la cittadina si sta sviluppando «come centro turistico applicato allo sport», per usare le parole del vicesindaco Mauro Jurman. «Dal 15 gennaio fino a Pasqua, registriamo circa 100mila pernottamenti legati solo allo sport - prosegue Jurman - Quest’inverno, 500 squadre di calcio da tutto il mondo sono venute in ritiro da noi».
Oltre agli investimenti nelle infrastrutture sportive e nel turismo, l’attuale amministrazione comunale, in carica dal 2009, ha fatto appello a fondi nazionali ed europei per ristrutturare gli asili e le scuole elementari della città e costruire due nuovi stabilimenti. «Dal 2017, tutti i bambini che frequentano i nostri asili non pagano nulla», afferma il vicesindaco. Un tema molto sentito in Croazia, dove il calo delle nascite e l’emigrazione rappresentano un’emergenza. «Puntare tutto solo sul turismo sarebbe sbagliato», chiosa Jurman.
Parenzo e Rovigno
A Parenzo, si conclude un percorso fisico che attraversa la maggior parte delle città menzionate finora: è la Parenzana, la vecchia ferrovia Trieste-Parenzo, recentemente trasformata in una pista ciclabile. La regione istriana e i comuni coinvolti hanno beneficiato di diversi contributi europei (l’ultimo da 600 mila euro) per rimettere in sesto questo tracciato da 130 km, oggi aperto agli appassionati di mountain bike. Ma a Parenzo, ricorda la vicesindaca Nadia Štifanić Dobrilović, «il comune ha promosso anche un bando per il rifacimento delle facciate del centro» e «a fine anno inizierà la ristrutturazione delle rive».
«I soldi non ci piovono dal cielo, ma ciò che conta è avere una strategia di sviluppo a lungo termine», avverte la vicesindaca di Parenzo, che da qualche anno ha con Chioggia delle relazioni più strette. «Da quando alcuni dei loro pescatori si sono riparati da noi per sfuggire al maltempo, i nostri sindaci si sono incontrati più volte e Chioggia partecipa alla nostra fiera della pesca», ricorda Štifanić Dobrilović. Alla pesca è legato anche l’ultimo museo aperto a Rovigno, dedicato alla «Batana», la tradizionale barca in legno della cittadina istriana.
«A Rovigno, il turismo è iniziato molto presto, già dopo gli investimenti dei ricchi Hütterott e Milewski ad inizio Novecento, ma quello che la città ha saputo fare, in seguito, è stato preservare la propria identità», sostiene lo storico Marino Budicin, vicesindaco di Rovigno. Inaugurato nel 2004, l’Ecomuseo della Batana è stato selezionato dall’Unesco nel 2016 come esempio di «buona pratica nella salvaguardia del patrimonio immateriale». Il progetto tutela anche il dialetto e i canti di Rovigno (le «bitinade») ed è fornito di uno “spaccio” in cui si può provare la cucina locale (cena di pesce e concerto per 25 euro).
l’esempio da seguire
Fare in modo che il turismo e la tutela del patrimonio vadano mano nella mano è dunque l’obiettivo che le amministrazioni istriane si stanno ponendo da qualche anno a questa parte. Anche perché, come ricorda lo storico Kristjan Knez, «il turismo di massa si è dimostrato essere un boomerang e le città della costa istriana se ne sono rese conto». Attirare i visitatori anche nei mesi invernali, sviluppare il turismo culturale ed investire in attività che portino benessere a tutta la popolazione e non solo ai turisti sono le nuove parole d’ordine delle città istriane, a cui si aggiunge la necessaria ricerca di finanziamenti europei.
«A dire il vero, se oggi c’è tanta consapevolezza in Istria del potenziale che offrono i fondi europei, è perché abbiamo cominciato molto presto con i progetti transfrontalieri. Era il 2005/2006, noi non potevamo ricevere fondi ma potevamo fare esperienza», spiega Tamara Kiršić, vicedirettrice dell’Agenzia per lo sviluppo dell’Istria (Ida), a Pola. A quasi 15 anni di distanza, la Croazia fa parte dell’Ue e l’Istria è la regione che meglio gestisce i fondi comunitari. «Abbiamo 47 progetti alle spalle per un valore di 60 milioni di euro - prosegue Kiršić - Ma all’inizio, quel che abbiamo imparato lo abbiamo appreso dai colleghi italiani». —
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