Il Mose e l’atroce beffa del Coronavirus: Venezia è all’asciutto ma i negozi sono vuoti

VENEZIA Venezia all’asciutto, o quasi. Solo la pioggia ghiacciata e una forte bora hanno colpito la città d’acqua nella mattinata di mercoledì: per la quarta volta – a un mese e mezzo dall’ultima – il Mose è entrato in funzione e l’atteso picco di marea di 130 centimetri è rimasto fuori dalla laguna. La beffa? Cittadini ed esercenti hanno potuto approfittare della tecnologia solo a metà.
I consueti danni strutturali sono stati scongiurati e non è un traguardo da poco. Ma strade semi deserte, negozi chiusi, atmosfera da “città fantasma”: l’effetto combinato dei Dpcm e del maltempo. Così tutta la zona di Rialto e San Giacometo, tradizionalmente tra i punti più bassi del centro storico, ha avuto a che fare con un Canal Grande rigonfio dal vento ma mai esondante.
La riva è salva, resiste. Le attività commerciali molto meno. Oltre a bar e supermercati, chi regge all’urto sono le pizzerie o le paninerie da asporto: «Non perché ci guadagniamo», spiegano più in là da Dorsoduro. «Restando aperti in questo periodo andiamo comunque in perdita, soprattutto nei giorni feriali. Ma fermare tutto oggi avrebbe delle ripercussioni ancora peggiori quando si ripartirà un domani».
Chi invece non ha urgenza di smaltire la merce in magazzino cede il passo al silenzio. Passeggiando per ogni sestiere, le botteghe raccontano un’economia in ginocchio. Spuntano i cartelli “vendesi”, gli “affittasi”, luci spente se non serrande abbassate. Non si salva nessuno, basta un giro per le Mercerie: dribblare i passanti per aprirsi il cammino è un ricordo lontano.
Lì le vetrine delle grandi firme continuano a splendere. Solo in apparenza però: allestite di tutto punto, sono come cristallizzate, in attesa del ritorno di personale e clienti. Così in un attimo si sbuca in Piazza San Marco. Respirano i marmi e i mosaici della Basilica, risparmiati dal salso dopo un anno terribile. Ma fuori, manca solo la palla di fieno che rotola nel deserto: il vento ulula fra i tendoni, le passerelle accatastate – oggi finalmente inutili – sembrano fossili, i caffè storici del porticato – chiusi i battenti dallo scorso 9 novembre – non possono godersi l’acqua che non c’è. In Piazzetta spunta l’albero di Natale stilizzato che si accenderà nei prossimi giorni: finora, così nero e spoglio, appare in lutto con l’ambiente che lo circonda. Due le immagini che riportano a una realtà viva. La presenza incrollabile di qualche curioso: giornata perfetta per fotografare Venezia in abito grigio inverno.
E i lavori in corso per il restauro delle Procuratie Vecchie, che, alzate le paratoie nelle bocche di porto, non hanno mai dovuto fermarsi. «Tutto si è svolto come previsto», il commento delle forze dell’ordine di stanza a San Marco. «La marea si è assestata attorno ai 70 centimetri e anche l’area più bassa della città è rimasta perfettamente al riparo. Nel corso della mattinata si è accumulata appena un po’ d’acqua attorno ai tombini della Piazza. Ma più per la pioggia battente, che per il flusso proveniente dal mare». Sono rimaste solo le pozzanghere, cicatrici dell’alluvione che fu. Per i veneziani invece, le ferite sono ancora aperte.
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