Il giallo. «Bisogna fare chiarezza sulla morte di mio padre»

SAN DONÀ Una morte ancora misteriosa, almeno per i figli. Edi Striuli ha perso la vita in un tragico incidente stradale il 6 dicembre 2011. Da allora la sua famiglia è piombata in un dolore che non si placa. Era il “re Mida” delle ricevitorie, un guru riconosciuto che con i suoi sistemi informatici faceva sognare migliaia di aspiranti “paperoni”. Una famiglia molto nota, il padre Guerrino era stato un portiere in serie A, la mamma aveva gestito per anni il bar poi divenuto ricevitoria in viale Libertà, dove una processione settimanale di giocatori prima di Totocalcio e poi di Superenalotto. Ma quando lui se ne è andato, non è stato più lo stesso.
A distanza di due anni e mezzo dalla morte nei pressi di Salgareda, alle 16.30 circa, quando la sua Alfa 166 è sbandata sulla destra lungo la strada del rientro a casa da una misterioso appuntamento, il figlio Andrea di 39 anni ha scoperto cosa accadde veramente.
Edi aveva un appuntamento con un conosciuto imprenditore che pare gli dovesse oltre 300 mila euro. Soldi di giocate effettuate negli anni, anche via telefono, sulla base di un rapporto di estrema fiducia. Ma non più onorate da tempo e accumulate. Striuli aveva dovuto chiedere un finanziamento alle banche per pagarli di tasca sua e non rischiare di perdere la licenza, visto che a causa di quel credito non riusciva più a ottemperare alle richieste di Totocalcio e Supernalotto per i pagamenti delle vincite e altri obblighi.
«Quel giorno mio padre», ricorda Andrea, «ha chiamato dieci volte il numero dell'imprenditore. Non sappiamo se si siano visti o meno e cosa sia accaduto. Ma quei soldi non glieli aveva restituiti ed erano circa 340 mila euro secondo i nostri calcoli ricostruiti esaminando i diari e libri contabili. Io l’ho contattato. Dopo molte insistenze ha ammesso un debito e firmato un foglio scritto assieme a me». Andrea ha tenuto aperta tra mille sacrifici la ricevitoria. Il soldi dell’assicurazione sulla vita hanno permesso di sanare alcuni conti del bilancio, senza dover chiudere. Ma la famiglia sta ancora pagando il finanziamento con le banche e non è facile. «Quei soldi», precisa, «avrebbero permesso di risolvere tanti nostri problemi che stiamo ancora vivendo. Abbiamo messo anche la casa in vendita. L’imprenditore ha fatto delle promesse, gli siamo venuti incontro, siamo scesi con la somma dovuta fino a quando ha detto che ci avrebbe dato una mansarda in montagna. Alla fine, difeso da un avvocato di Roma, ci ha comunicato in questi giorni che non ci darà nulla, negando ogni debito con mio padre. Non è giusto, perché ha tradito la sua fiducia, ora che è morto, e ha rovinato la sua famiglia. Quel giorno mio padre è tornato a casa innervosito, distrutto. Temeva di perdere tutto da un giorno all’altro. La sua morte non è stata un caso».
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