Il “gentil rosso” ricompare a Sant’Erasmo. Nuova coltivazione del grano dei romani

Il cereale fu portato ad Altino e poi sull’isola nel secondo secolo avanti Cristo. L’idea di due coltivatori veneziani 

La storia

Nell’isola di Sant’Erasmo, tra orti e vigneti, spicca anche un campo coltivato con semi antichi di grano “gentil rosso”. Un cereale “dimenticato” che venne portato dai romani nel secondo secolo avanti Cristo, prima ad Altino, poi nell’isola di Torcello e, infine, Sant’Erasmo, ma poi abbandonato a causa della ricerca di alti contenuti “gluteimici” per resistere alle lavorazioni industriali.

Si tratta di una coltura sperimentale della neonata azienda agricola “Gino e Inda” gestita dai coniugi Michele e Giorgia Bastianello.



Il nome dell’azienda richiama quello di nomi dei nonni di Michele che gli hanno lasciato in eredità un piccolo appezzamento di terra al quale si sono aggiunti altri terreni presi in affitto. I due ettari sono quelli coltivati a cereali ma in totale ne hanno sei: la rimanente parte coltivata ad orto.

Michele e Giorgia hanno deciso di lanciarsi in questa sperimentazione grazie all’aiuto di Coldiretti e dell’azienda agricola Biolo Michele di Giarre di Abano Terme, in provincia di Padova, specializzata nella coltivazione di farine di piccole produzioni locali macinate a pietra.

«Abbiamo seminato due ettari di terreno con farro, avena e mais di varietà Marano, oltre che alla varietà di grano gentil rosso», spiega la coppia di agricoltori, «e con grande sorpresa il terreno ha risposto molto bene, donandoci una eccellente produzione che abbiamo provveduto a trasformare».

Michele e Giorgia fanno riferimento a Coldiretti che, sottolinea il direttore di Coldiretti Venezia Giovanni Pasquali «è impegnata a tutelare il patrimonio agroalimentare italiano che ha nel grano made in Italy una delle materie prime fondamentali e particolare importanza assumono esperienze come questa di ricerca e tutela della biodiversità».

«Nell’ambito della cerealicoltura, fondamentale è il ruolo dei consorzi agrari che si stanno avviando a una importante operazione di rilancio», aggiunge Pasquale. «È un modo di operare che mette al centro della filiera l‘impresa agricola e pretende una diversa professionalità nella predisposizione di contratti per ridurre posizioni di debolezza e acquisire così maggior valore aggiunto ai prodotti della coltivazione». —


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