Il cattolico: "La scuola ci darà l’integrazione"
Una delle reazioni all’esperimento di una cronista che ha indossato il copricapo delle musulmane più osservanti per le vie di Mestre

La cronista con il burqa per Mestre
MESTRE.
Paura e sospetto. Sono i due sentimenti in chi si trova a contatto con una persona che porta un burqa. Lo straniero fa paura, tanto più se proviene da un Paese a maggioranza islamica. Don Dino Pistolato, delegato patriarcale e responsabile dell’Ufficio immigrazione, su questo non ha dubbi.
A suo avviso i veneziani sono tolleranti?
«Dicono di esserlo, e se ne vantano, ma in realtà sono molto meno tolleranti di quanto vogliano far credere».
Cioè?
«Meglio un mezzo delinquente italiano, che uno musulmano, la percezione è quella della paura: la tolleranza è una leggenda metropolitana. Se porti il burqa, come anche il velo o i guanti, l’indicazione è sempre quella che sei un immigrato, e dunque generi sospetto e diffidenza. Nel caso della donna il sospetto è minore, con un uomo sarebbe stato anche peggio».
Ne ha fatto esperienza?
«Subito dopo l’11 settembre 2001, mi sono ritrovato in poche ore a dover aiutare molte persone “sospettate” di essere islamiche».
L’integrazione è un’utopia?
«Se anche aumentassero le persone che portano il burqa sicuramente ci si abituerebbe, ma il grado di simpatia verso queste persone non aumenterebbe certo».
Dunque?
«La speranza è riposta nelle nuove generazioni che si trovano a contatto con gli immigrati, sui banchi di scuola ad esempio: loro sapranno integrarsi, anche perché gli stessi stranieri si occidentalizzeranno. In ogni caso noi stessi viviamo di luoghi comuni che spesso non corrispondono al vero: a casa sua la donna araba è dominante, e non è neppure così “coperta”. Gli arabi ricchi non nascondono le proprie sinuosità. Quando sono stato Al Cairo mi hanno colpito i tanti negozi che esponevano biancheria intima femminile, e non era certo coprente. Così mi sono informato ed ho scoperto che quella era biancheria che comperavano donne con il burqa e con il velo, che a casa loro sono più discinte di quanto immaginiamo».
(m.a.)
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