Il calzolaio di Favaro chiude la serranda «Dopo 75 anni di mestiere mi fermo»
LA STORIA
Il calzolaio di Favaro ha detto stop: «Basta, ho l’età giusta per godermi le mie “ferie”». Lo chiama così, il traguardo della pensione. E guai a chi glielo tocca. Dopo 75 anni di Mestiere, Ottone Pelosin ha già iniziato a salutare la sua storica clientela. Da oggi, serranda abbassata e meritato riposo dopo una vita intera ad aggiustare tacchi e a perfezionare modelli su misura. Ottantasette anni compiuti ad agosto, per Pelosin si chiude un capitolo che è durato quanto una vita intera.
Nato a Noale nel ’32, la sua è una famiglia di quelle di un tempo: difficoltà economiche, nove fratelli, sullo sfondo gli spettri della guerra. E così, Ottone ha solo undici anni quando inizia a contribuire alle esigenze della famiglia. Lo fa lavorando nella bottega dello zio, calzolaio. Da qui nasce una passione che non lo abbandonerà più, da custodire gelosamente insieme agli attrezzi di una vita. Pelosin impara il mestiere d’artigiano come si faceva un tempo. Ore e ore passate a bottega, ad apprendere come una spugna le tecniche dei maestri: riparazioni di suole, tomaie o tacchi, ma anche realizzazione di calzature fatte a mano.
Sette anni accanto allo zio, e poi la decisione di mettersi in proprio. Insieme al fratello Ottaviano, nel ’50 Pelosin sposta l’attività a Mestre. Sono gli anni dell’espansione demografica, del boom economico. Anni in cui la clientela comincia ad essere più esigente, a chiedere modelli su misura e di qualità. E allora l’unica è adeguarsi e rimboccarsi le maniche. L’attività dei due fratelli si specializza così nello studio della modellistica, del taglio a mano a seconda delle mode emergenti, anche per i piedi più problematici.
Gli affari iniziano a girare, tanto che nel ’58 arriva l’ulteriore passo in avanti. Pelosin decide di mettersi totalmente in proprio, aprendo la sua attuale (storica) bottega-laboratorio a Favaro Veneto. In parallelo, negli anni il calzolaio di Favaro ha trovato il tempo di dedicarsi all’attività associativa. Pelosin è infatti tra i fondatori della categoria dei calzolai della Cgia di Mestre, e ha ricoperto per anni il ruolo di responsabile del Consorzio Calzolai Mestrini. Anche in questa veste, la sua personale lotta si è scagliata contro le scarpe realizzate con materiali scadenti, cercando di salvare l’importanza del Made in Italy e del sapere artigiano tramandato di generazione in generazione. Quella stessa conoscenza oggi messa in crisi, in terraferma così come in centro storico a Venezia, dall’esplosione di negozi di bassa qualità e dal mancato passaggio del testimone alle nuove generazioni. Come del resto è capitato anche al calzolaio di Favaro: «Ho pensato di cedere l’attività – conclude Pelosin con un velo di amarezza - ma ho il dubbio che ci possa essere qualcuno interessato a portare avanti un mestiere che sta scomparendo. Ora che vado “in ferie”, avrò il tempo di rifletterci meglio». —
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia