I musicisti di strada ora si fanno sentire e la protesta diventa un concerto in campo

La protesta
Il silenzio di Venezia è bellissimo, ma fino a un certo punto. Lo hanno ricordato i musicisti di strada (e non) che hanno deciso di farsi sentire a Santa Fosca a suon di trombe, tamburi, batterie e altri strumenti.
La manifestazione, autorizzata, ha attirato un pubblico di passanti e tanti giovani che, distanziati, si è fermato ad ascoltare il concerto, come non avveniva da mesi. Sotto il monumento di Paolo Sarpi e davanti a uno striscione con scritto “La musica fa bene alla salute”, gli artisti hanno voluto mettere in luce la situazione precaria che, in questi mesi più che mai, stanno vivendo.
Il nuovo Dpcm non consente gli spettacoli dal vivo, già limitati nel Comune di Venezia da un Regolamento obsoleto che non fa rientrare nelle categorie previste né i ballerini né gli attori, ma solo giocolieri, cantanti, suonatori, burattinai e madonnari. Ora però i musicisti chiedono di essere ascoltati e di essere ricevuti dall’amministrazione per immaginare un futuro dove ci sia più spazio per la musica e i musicisti veneziani.
«Venezia si presterebbe la musica all’aperto perché i campi sono come dei grandi palcoscenici dove, ovviamente mantenendo il giusto distanziamento, si potrebbe suonare senza andare contro le regole», hanno spiegato Alvise Pascottin, Giorgio Poli, Luca Scaggiante, «molti di noi non hanno ricevuto nemmeno il bonus perché veniva dato quando si dimostrava di aver versato contributi per 30 giorni all’Enpas, ma spesso chi lavora in questo settore viene pagato con ritenuta d’acconto o in cash».

Pochi soldi da marzo, un Dpcm che sospende i permessi per gli spettacoli dal vivo, un Regolamento comunale da rivedere e il risultato è un silenzio che pesa come un macigno, senza contare il costo della Siae che scoraggia i proprietari di locali. «Non appena si formeranno le commissioni consiliari depositerò un’interrogazione», ha detto il neoeletto consigliere comunale del Pd Paolo Ticozzi, in passato tra gli organizzatori di CarneValanga, «Il Regolamento per gli artisti di strada risale al 2007, quando è passato dalle Politiche sociali al Commercio. Oggi, solo per suonare devi chiedere due settimane prima pagando un bollo da 16 euro e sapendo che la disponibilità è di 10 permessi al mese per Venezia e 10 per Mestre per 15 giorni. Così si perdono tanti musicisti internazionali e tante occasioni anche sapendo che abbiamo qui il Conservatorio.
La musica, come spiega Giacomo Palmarin, non è solo suono, ma anche socialità e qualità della vita. Certo, in tempi di Covid-19 questi aspetti vengono sacrificati, ma quello che chiedono i musicisti è che una volta per tutte si inizi un percorso serio per il futuro, affinché quando sarà permesso si possa ripartire con un Regolamento più morbido, individuando anche dei luoghi dove poter suonare, come l’Arsenale.

«Ci siamo fatti sentire perché durante la pandemia nessun cantautore italiano si è pronunciato sul tema e sono rimasti tutti muti», spiega Pascottin che come primo lavoro fa il sostituto gondoliere, «Per questo ci siamo sentiti abbandonati e abbiamo deciso che era il momento di chiedere un riconoscimento».
A monte della situazione, come emerso per altri lavoratori dello spettacolo, ci sono delle criticità mai affrontate: il riconoscimento come artisti, la difficoltà di individuare dei luoghi soprattutto nella città storica e la Siae che chiede una base di circa 60 euro, più una percentuale su ogni canzone e una sul fatturato della serata nel caso di un locale. Le richieste non valgono solo per Venezia, ma ovviamente anche per la terraferma che, con i parchi e le piazze, potrebbe offrire altrettante opportunità. —
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