I cantieri Camuffo, 18 generazioni di artigiani: "Le nostre barche, Stradivari del mare"

PORTOGRUARO. Gli “Stradivari del mare” nascono a Portogruaro, in quello che, documenti storici alla mano, è universalmente considerato il più antico cantiere navale al mondo.
Siamo in via Zambaldi, una tranquilla stradina a ridosso del centro storico, a due passi da dove il fiume Reghena si getta nel Lemene. Qui sorge il cantiere navale Camuffo. In questi capannoni vengono prodotti gli esclusivi motoryachts Camuffo, apprezzati in tutto il mondo per le loro prestazioni di qualità e per una caratteristica che li rende quasi unici. Sono, infatti, interamente costruiti in legno e a mano da maestri artigiani, che lavorano come se le barche fossero, per l’appunto, degli Stradivari. La fortunata definizione, coniata nel 1977 da alcuni giornalisti tedeschi in visita al cantiere, rende bene l’idea di come questi motoryachts siano degli autentici pezzi d’autore.

I cantieri Camuffo hanno alle spalle sei secoli di costruzioni navali. Hanno realizzato navi per la Serenissima e anche per Napoleone, bisognoso di bastimenti dopo la disfatta di Trafalgar. La storia dei Camuffo inizia a Candia (l’attuale Creta) nel 1438 e arriva ai giorni nostri attraverso 18 generazioni di armatori, protomaistri e costruttori navali di ogni tipo di imbarcazione in legno. Prima a Chioggia, poi a Portogruaro, dove giungono nel 1840. Tutto documentato nell’albero genealogico di famiglia, gelosamente custodito dagli ultimi eredi, Marco e Giacomo Camuffo, gli attuali titolari del cantiere di via Zambaldi. Marco, autentico maestro delle carene plananti, ha oggi 85 anni. Il fratello Giacomo 83.

«Ho cominciato a lavorare a 6 anni. La mattina a scuola, nel pomeriggio in cantiere», racconta Marco, «reggevo gli attrezzi a mio padre. Lo facevo per diletto, sia chiaro, mica per obbligo». A dispetto dell’età, Marco e Giacomo continuano a seguire passo dopo passo la costruzione delle loro barche. Ogni anno dai cantieri Camuffo escono tra i 4 e i 5 esclusivi motoryachts.
Ma qual è il segreto alla base di queste imbarcazioni? «L’intuito è quello che fa il maestro d’ascia», risponde Marco Camuffo, «puoi studiare quello che vuoi, ma alla base devi avere un’intuizione sulla barca. Mio padre Luigi era l’unico dei suoi fratelli che aveva quest’intuizione e il nonno aveva capito che aveva la testa per farlo. Poi sono arrivato io e ho dimostrato di avere anch’io quest’intuizione». «Che non è una cosa che insegnano all’università», aggiunge Giacomo.
La realizzazione di un cabinato interamente in legno come quelli dei Camuffo richiede un anno. Sono circa 15 mila ore di lavoro in cantiere. Per realizzare una barca in vetroresina, invece, ne bastano 5 mila. Ma guai a parlare di vetroresina ai Camuffo. «Solo il legno è materiale da barca, vivo, caldo, insostituibile», ripete Marco. Proprio il legno è un altro segreto del successo dei cantieri Camuffo. Anzi, quello che viene definito il legno «tecnologico». Il rivestimento esterno dell’intero scafo è caratterizzato, infatti, dall’impiego del cosiddetto superlamellare corazzato marino, ottenuto sovrapponendo tra loro fogli molto sottili di legni anche diversi e incollati mediante colle fenoliche termoindurenti irreversibili.
All’interno delle imbarcazioni, ogni centimetro viene pensato per vivere il mare con un’accuratezza quasi maniacale ai dettagli e l’uso di legni pregiati, soprattutto il mogano. Gli interni delle barche sono costituiti da oltre 750 pezzi, tutti interamente smontabili con il cacciavite così da consentire qualsiasi intervento di manutenzione in ogni punto dello scafo.
Un’arte sopraffina, che rischia di scomparire. Marco e Giacomo, infatti, non hanno figli. Mentre l’ultimo Camuffo di Chioggia ha cessato l’attività nel 1974. Marco in questi anni ha avuto numerosi allievi. Ma insegnare a costruire barche si può fare, molto più difficile è insegnare a farle con tale maestria. «Ho insegnato e preparato 85 allievi, che stanno lavorando nelle migliori darsene adriatiche. Molti sono bravi, ma non sanno costruirle come dico io», conclude Marco.
E allora il ricordo va a quella volta in cui, al cantiere Camuffo, arrivarono in visita una ventina tra professori e studenti di ingegneria navale. Marco li portò a visitare il cantiere e, alla fine, li ha interrogati. «Li abbiamo bocciati tutti, anche i professori», ricorda sorridendo. Perché per fare uno “Stradivari del mare” non basta sapere l’arte, ma ci vuole l’intuizione.
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