Henry Cotton’s e M. yachting ipotesi bancarotta fraudolenta

Approda in un’aula del Tribunale penale la complessa vicenda che ha travolto due celebri marchi di abbigliamento sportivo come “Henry Cotton’s” e “Marina yachting”, con l’accusa di bancarotta fraudolenta mossa ai vertici della Industries Sportwear Company-Isc, la società proprietaria dei brand, con sede in via Maderna sul Terraglio e dichiarata fallita dal Tribunale di Venezia nel 2017. Società che – secondo l’accusa mossa dalla pubblico ministero Patrizia Ciccarese – sarebbe stata svuotata, depauperata dei suoi marchi, acquisiti dalla società per poi essere svenduti nel giro di pochi mesi a compartecipate dello stesso Emeresque Group, in un rincorrersi vorticoso di passaggi tra Italia e Lussemburgo. «L’intero credito vantato da Isc nei confronti di Spring Holdings», si legge nel capo di imputazione, «generato dalle precedenti cessioni di marchi e pari a 10 milioni di euro, veniva sostanzialmente annullato attraverso fraudolente operazioni di finanziamento, nonché compravendita di crediti senza introiti effettivi».
A salvare i due brand era stato il curatore fallimentare, il commercialista Gianluca Vidal, che aveva ottenuto dal Tribunale civile un decreto di sequestro per bloccare la vendita all’estero, sottraendoli ai creditori. La causa civile di fallimento aveva “figliato” l’indagine penale per bancarotta fraudolenta.
Chiusa l’inchiesta, ieri si è svolta la prima udienza davanti alla giudice Barbara Lancieri, chiamata a decidere sul rinvio a giudizio o meno dei tre imputati. Al centro delle contestazioni la manager indiana Mandira Khaitan, moglie dell’imprenditore Ajay Khaitan, amministratrice unica della Isc, già Cavaliere Brands Italia. In concorso, la Procura chiede il rinvio a giudizio anche dei due manager italiani della società: l’umbro Marcello Pace (molto noto e dal curriculum importante) e del veneziano Nicola Berlin, rispettivamente ex direttore generale e direttore finanziario della società. «Sono fiducioso che si andrà a un proscioglimento immediato per Pace e Berlin», dice l’avvocato difensore Armando Simbari, «è un processo nel quale non dovremmo esserci, perché direttore generale e direttore finanziario erano due manager chiamati a svolgere un ruolo di natura commerciale e finanziaria. C’erano i presupposti per un rilancio dei marchi, a fronte di un’iniezione di liquidità da parte del socio, che dopo essere stata assicurata, non venne fatta. A quel punto, ne trassero le conseguenze, evidenziando l’impossibilità di proseguimento dell’impresa. Si sono comportati da protocollo».
Per quanto riguarda la posizione della proprietà indiana, l’avvocato Giovanni Maria Flora ha avanzato richiesta di rito abbreviato (che garantisce uno sconto di un terzo della pena, in caso di condanna), subordinandolo però all’audizione di alcuni testi, con residenza in Paesi esteri. E sul punto la giudice per le udienze preliminari Lancieri si è riservata, rinviando l’udienza al 18 febbraio. Mandira Khaitan è anche accusata dalla Procura di evasione fiscale e dell’Iva, crediti d’imposta non spettanti per circa 3 milioni di euro . —
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