Furti al Marco Polo Poliziotto condannato a 3 anni per calunnia
Nel bel mezzo dell’inchiesta che lo vedeva indagato per i furti nei magazzini dei negozi dello scalo aeroportuale di Tessera (e da cui è uscito al termine di un lungo processo per assenza di querela), Christian Balbinot, 43 anni, poliziotto di Salgareda (Treviso) all’epoca in servizio a Tessera, aveva escogitato una strategia, in collaborazione con Cinzia Vicenzin, 44 anni di Marcon, per scaricare la responsabilità di uno dei colpi (quello al negozio di abbigliamento Diesel) su una commessa.
Per questo l’agente è finito a processo per calunnia assieme a Vicenzin (che doveva rispondere anche di favoreggiamento). Ieri pomeriggio il giudice monocratico Stefano Manduzio ha letto la sentenza. Tre anni di reclusione per Balbinot, con interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, 2 anni e 6 mesi per Vicenzin. Il pubblico ministero Fabrizio Celenza aveva chiesto 4 anni per il poliziotto, 2 anni e 6 mesi per la donna. Alla commessa, una 43enne di Marcon che si era costituita parte civile nel procedimento, è stato riconosciuto un risarcimento di 10mila euro. Il giudice ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura in relazione a quanto riferito da un teste, per il quale il pubblico ministero dovrà valutare se sussista la falsa testimonianza.
Il processo di primo grado a carico di Balbinot, coimputato assieme a un collega per i furti tra il 2009 e il 2011, si era concluso ai primi di maggio, dopo una ventina di udienze, con il non luogo a procedere per assenza di querela. A breve saranno depositate le motivazioni, dopodiché le parti potranno impugnare la sentenza in Corte d’Appello. Ieri però è arrivata la condanna del poliziotto Balbinot in qualità di «istigatore», con la Vicenzin quale autrice materiale: i due sono stati ritenuti responsabili della calunnia ai danni della commessa, accusandola di appropriazione indebita.
Sentita su richiesta di Balbinot come persona informata sui fatti dalla polizia giudiziaria nell’ambito del procedimento penale sui furti e poi messa a confronto con la commessa, Vicenzin - si ricostruisce nel capo d’imputazione - aveva fornito una falsa versione dei fatti per giustificare il possesso da parte di Balbinot di tre paia di jeans Diesel spariti dal magazzino del negozio di Tessera. Vincenzin aveva sostenuto falsamente in due occasioni «di aver acquistato dalla commessa un paio di jeans con un forte sconto e senza scontrino e di averli poi donati a Balbinot, lasciando intendere che era stata la commessa, in virtù del suo ruolo, a sottrarre i jeans dal magazzino, a simulare il furto e, attraverso il riconoscimento della refurtiva, ad accusare Balbinot della sottrazione dei tre capi». Accuse, queste, false e finalizzate ad eludere le indagini. —
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