Friedman regala la sua collezione al Museo del Vetro

Si tratta di 177 opere di pregio che vanno dal 1900 al 1960 «Volevo restituire qualcosa a Venezia cha mi ha dato tanto» 

MURANO. Lui è uno dei collezionisti più famosi nel mondo. Il newyorchese Barry Friedman ha ora donato 177 opere di pregio del Novecento al Museo del Vetro di Murano. Friedman è stato per mezzo secolo punto di eccellenza mondiale per l’arte e il design. Ha sempre avuto una grande passione per ogni forma d’arte, scoprendo e sostenendo fino all’affermazione internazionale tantissimi artisti, non pochi dei quali veneziani di fatto o d’adozione quali Laura de Santillana, Cristiano Bianchin, Massimo Micheluzzi, Yoichi Ohira e Michele Alassio. Domani sarà al museo all’inaugurazione della mostra, che espone vetri firmati da Bianconi, Buzzi, Nason, Poli, Scarpa, Zecchin, realizzati nelle storiche fabbriche muranesi come Seguso, Barovier e Toso, Cenedese, Salviati e Venini. Pezzi unici e di grande pregio. Che il collezionista americano ha deciso di lasciare a Venetian heritage e dunque al museo veneziano. Quale il motivo di questo gesto? «La principale ragione di questa donazione», dice Friedman, «è il mio amore per Venezia. Prima del 1997 sono stato qui come semplice turista ma, da allora, sono tornato in media quattro volte all’anno. Quando ho visitato il Museo del Vetro di Murano, ho notato una falla nella collezione per gli anni che vanno dal 1900 al 1960 e avevo molti pezzi nella mia collezione proprio di quel periodo. Venezia è stata una risorsa per me sia personalmente che professionalmente, e di conseguenza sono davvero felice di restituirle qualcosa e aiutare così a completare la storia del vetro veneziano esposta in questo Museo». «Ho conosciuto a Venezia», continua, «Laura de Santillana, Cristiano Bianchin, poi Viretta e Massimo Micheluzzi. E scoperto il fotografo Michele Alassio in una galleria veneziana che esponeva delle sue opere di grande formato su Venezia. Fui molto colpito dalla loro bellezza. Da allora l’ho rappresentato ed esposto i suoi lavori nella mia galleria di New York e in altre fiere internazionali. Una delle cose che preferisco ancora oggi è vagare e perdermi per le calli e scattare delle fotografie con la mia microcamera. Credo che non esista una altro posto al mondo dove si possano ottenere questi risultati». «È impossibile per me», aggiunge, «resistere all’impulso di collezionare. Dal 2014 ho continuato a farlo, ma in quello che per me era un nuovo campo ovvero l’antiquariato. Mi considero un gallerista semipensionato (un gallerista non si ritira mai del tutto) e continuo ad aiutare gli artisti».

Se agli operatori del settore fossero concessi sgravi fiscali e spazi espositivi, questo potrebbe contribuire ad un rilancio economico degli artisti? «Miami è diventata adesso una delle destinazioni degli amanti dell’arte, il che ha certamente aiutato a incrementare e qualificare il flusso turistico. Art Basel Hong Kong ha fatto la stessa cosa per la Cina. Oggi il mercato dell’arte interessa anche coloro che non collezionano, il che fa sì che ci sia sempre spazio per una crescita economica quando questo spazio viene utilizzato con qualità e competenza».

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