Frasi razziste sul profilo Fb «La prof Pontini va processata»
Per la Procura veneziana - con i procuratori aggiunti Adelchi d’Ippolito e Paola Mossa - Fiorenza Pontini, l’allora prof del liceo Marco Polo autrice delle presunte frasi razziste su Facebook, deve...

Per la Procura veneziana - con i procuratori aggiunti Adelchi d’Ippolito e Paola Mossa - Fiorenza Pontini, l’allora prof del liceo Marco Polo autrice delle presunte frasi razziste su Facebook, deve essere processata. Alla richiesta di rinvio a giudizio per istigazione all’odio razziale, in violazione della legge Mancino del 1975, ha fatto seguito, nelle scorse settimane, la fissazione dell’udienza preliminare da parte del gup Alberto Scaramuzza. Appuntamento al 6 novembre in tribunale, quando il gup dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta della Procura secondo cui Pontini, con i post sul suo profilo social, avrebbe «incitato alla violenza» e «commesso atti di provocazione».
La difesa, rappresentata dall’avvocato Renato Alberini, si batterà per il proscioglimento della docente. Di certo non chiederà di accedere a riti alternativi. Se il gup dovesse disporre il rinvio a giudizio, dice l’avvocato Alberini, «affronteremo il processo. Quelle frasi non avevano certo la valenza concreta di incitamento alla violenza. A mio parere manca il presupposto della concretezza. Sono state parole in libertà scritte sul social». Le frasi nel mirino della Procura sono quelle che Pontini aveva scritto tra il 13 luglio e il 20 agosto 2016, tra cui «Poi ho torto quando dico che bisogna eliminare anche i bambini dei musulmani, tanto sono tutti futuri delinquenti». Se sul fronte penale l’attesa è tutta per l’udienza del 6 novembre, sul fronte del lavoro dalla fine di maggio Pontini è tornata operativa al termine del periodo di sospensione. Non più in classe come docente, ma come impiegata dell’ufficio scolastico regionale (fino al raggiungimento della pensione) in virtù dell’accordo siglato tra il Ministero dell’Istruzione e gli avvocati della donna, Paolo Seno e Marco Rigo, di fronte alla giudice del lavoro.
Rubina Bon
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