Fece incendiare lo yacht, resta ai domiciliari

QUARTO D’ALTINO. Resta agli arresti domiciliari Francesco Crosera, l’imprenditore nautico di Quarto (difeso dall’avvocato Renato Alberini), arrestato nell’ambito delle indagini della Procura antimafia di Venezia sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nel Veneto, attraverso Fortunato e Carmine Multari - radicati nel Veronese - fratelli del boss Domenico, legato alla cosca di Nicolino Grande Aracri.
Ieri, il Tribunale del Riesame di Sassari ha reso noto il dispositivo con il quale ha respinto la richiesta presentata da Crosera per tornare libero, anche se ancora non sono note le motivazioni della decisione dei giudici sardi, ai quali la pm antimafia Paola Tonini ha inviato lo stralcio dell’inchiesta relativa all’imprenditore veneziano, perché in Sardegna si è svolto l’episodio per il quale è indagato. L’operazione dei carabinieri del Ros coordinata dalla Dda veneziana è stata chiamata “Terry”, proprio dal nome dello yacht prodotto dal cantiere nautico di Francesco Crosera e acquistato nel 2013 dall’imprenditore Luigino Pagotto, per 2 milioni di euro.
Secondo l’accusa, nel 2015 Crosera aveva contattato Domenico Multari per incendiare lo yacht ormeggiato ad Alghero, per non pagare i gravi difetti contestati dal cliente: la zona poppiera che andava sott’acqua, la barca più lenta della velocità stabilita, arredi precari. Per tutti questi motivi Pagotto aveva, infatti, aperto un contenzioso con l’imprenditore veneziano, avviando un lodo arbitrale per stabilire l’esatto ammontare dei danni: arbitrato che si è concluso alla fine del 2018 e che ha valutato il danno in circa 700 mila euro.
Il rogo dell’imbarcazione, però, era riuscito solo a metà, provocando danni per 300 mila euro. Secondo la Procura, nel corso del 2017 ci furono altri tentativi di danneggiare l’imbarcazione, che non andarono a segno proprio perché i Ros - che ormai stavano tenendo sotto controllo Crosera e i membri della famiglia Multari - fecero spostare lo yacht in un posto sicuro, inavvicinabile.
È proprio dalla denuncia presentata da Pagotto alla procura di Venezia nel 2017 che è, infatti, partita l’indagine dell’Antimafia veneta sulla possibile infiltrazione della ’ndrangheta: per l’incendio del 2015, l’industriale aveva subito presentato querela a Sassari, ma l’indagine era stata archiviata per l’impossibilità di identificare le due persone che, nelle immagini delle telecamere della darsena, si vedevano dare fuoco allo yacht. Ora ci sarebbe riuscita la Procura di Venezia. «Le indagini hanno fatto emergere la figura di una persona che, pur operando con l’apparente faccia pulita dell’imprenditore in un settore del lusso», ha scritto la giudice per le indagini preliminari Barbara Lancieri, nella sua ordinanza cautelare, « è in grado di compiere, senza scrupolo, azioni dalla forte valenza criminale, e dimostra una certa dimestichezza a contattare ambienti di elevato spessore criminale». Crosera, finora, si è avvalso della facoltà di non rispondere. —
Roberta De Rossi
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