Fatture false per 41 milioni Sedici mesi a Paolo Sartori

NOALE. Un anno e quattro mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena. Questa la condanna che ieri mattina ha patteggiato l’imprenditore noalese Paolo Sartori, finito in manette lo scorso agosto per evasione fiscale. Il pubblico ministero Stefano Ancillotto e il difensore, l’avvocato Francesco Schioppa hanno raggiunto l’accordo e il giudice dell’udienza preliminare di Venezia Marta Paccagnella l’ha sancito con la sua sentenza.
Sartori è stato agli arresti domiciliari fino a ieri, avendo ottenuto dal magistrato la sospensione della pena è stato scarcerato ed è tornato libero.. Stando alle accuse, Sartori avrebbe confezionato ben 41 milioni di euro di fatture alle quali non corrispondevano vendite di merci o servizi. Tutto questo attraverso la sua società, la «Ciesse», che prima aveva sede a Noale e poi a Mirano, e grazie ad altre società, al vertice delle quali aveva messo dei prestanome. Uno degli imprenditori (sono una trentina e la maggior parte di loro sono finiti sotto inchiesta), che ha utilizzato le fatture false per aumentare i costi e abbattere i ricavi in modo da pagare meno tasse, ha raccontato ai finanzieri di Mirano come accadeva. «Sartori mi propose di utilizzare fatture false da lui prodotte al fine di aumentare i costi di esercizio e da diminuire il reddito da sottoporre a tassazione. Sartori tratteneva oltre all'Iva indicata in fattura (che avrebbe dovuto versare all'Erario: ndr) una somma che era variabile, dal 5 al 7, al 10 per cento dell'imponibile fatturato. Mi diceva di non preoccuparmi in quanto aveva un'organizzazione aziendale tale che le fatturazioni false non avrebbero destato sospetti».
Non è andata così, visto che alla prima verifica fiscale, avviata perché dal 2006 non presentava dichiarazione dei redditi, gli investigatori hanno scoperto tutto. Sartori deve rispondere di aver emesso fatture per operazioni inesistenti per quasi 41 milioni di euro tra il 2002 e il 2011; per aver distrutto o comunque nascosto le scritture contabili di ben cinque società che a lui facevano riferimento; per aver evaso un milione e mezzo di Iva e non aver dichiarato due milioni di reddito; infine per millantato credito (raccontava che con le sue conoscenze nella Guardia di finanza avrebbe potuto «aggiustare» le cose). Oltre ad arrestarlo, la Guardia di Finanza ha sequestrato i conti correnti che Sartori aveva in numerosi istituti di credito, Veneto Banca, Cassa di Risparmio di Venezia, Banca di Credito Cooperativo Santo Stefano, Arca società di gestione del risparmio, Bpiemme, Banca Popolare dell'Alto Adige e Banca Popolare di Vicenza.
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