Escort al night, indagati padre e figlio

PORDENONE. Dietro la porta rossa del club Le Rififi in viale Treviso e la facciata di “circolo ricreativo Enal” si celava, secondo la Procura, un’attività di sfruttamento della prostituzione dal 2013. I presunti gestori del night club, Adriano e Alex Marton, padre e figlio, l’uno di 61, l’altro di 37 anni, sono stati indagati per sfruttamento della prostituzione.
Ieri mattina a padre e figlio è stato notificato l’obbligo di dimora e il divieto di uscire di casa durante la notte. Le loro abitazioni a Musile sono state perquisite. È stato il gip Roberta Bolzoni a disporre il provvedimento, su richiesta del pm Pier Umberto Vallerin, che ha coordinato l’inchiesta della polizia di Stato.
La misura è stata disposta per il pericolo di inquinamento probatorio. Dalle intercettazioni è emerso che gli indagati avevano cercato di persuadere le ragazze a non rivelare nulla di quanto accadeva nelle stanzette ricavate nello scantinato. È qui, secondo gli inquirenti, che le “figuranti di sala”, formalmente socie del circolo, offrivano le prestazioni sessuali ai clienti. Previo pagamento, in contanti o anche con il bancomat (ma in tal caso si pagava la “commissione” di dieci euro). C’era un tariffario molto dettagliato e preciso: dai servizi da 10 euro al rapporto completo (150 euro o 160 a seconda della forma di pagamento prescelta).
Ieri mattina in Questura il primo dirigente Nicola Gallo, il vicequestore aggiunto Silvio Esposito, al timone della Squadra mobile, il vicecomandante della polizia locale Danilo Dei Cas e, per l’ispettorato del lavoro, la direttrice Nicolina Cavallaro, il responsabile dell’area vigilanza Mario Pagano e il maresciallo dei carabinieri Martino Mancini del Nucleo territoriale che opera a stretto contatto con l’ispettorato, hanno ripercorso le tappe salienti dell’indagine e i risultati.
L’inchiesta prende le mosse nel 2015, a seguito di un esposto di alcuni condomini che risiedono sopra il locale e che segnalano schiamazzi notturni e via vai sospetti. Ma c’è molto di più in quel locale. I vigili urbani chiedono aiuto alla polizia di Stato. A marzo gli inquirenti stringono il cerchio, con una retata. Identificano i clienti e diciassette ballerine vengono portate in Questura e interrogate. Alcune di loro aiutano gli investigatori. «Sfruttavano 17 ragazze, gestendo l’attività in modo imprenditoriale», ha sintetizzato il dirigente della Squadra mobile Silvio Esposito: contabilità settimanale delle prestazioni, inserite in un libro mastro, supporto logistico per le ragazze, alle quali erano assicurati trasporti da e per il luogo di lavoro e alloggi, pagamenti delle prestazioni sessuali consentiti con il Pos.
Le ragazze erano pagate in nero. «Il giro di denaro stimato era molto alto», ha aggiunto il primo dirigente Gallo.
In tutto sono state elevate sanzioni per quasi 100 mila euro ai due indagati: 8 mila euro per le violazioni edilizie dai vigili urbani (le modifiche abusive dei locali), dall’ispettorato del lavoro altri 51 mila euro di maximulta per il lavoro nero, 30 mila euro di pena pecuniaria per non aver sottoposto le 12 ragazze alla visita medica riassuntiva, altri 15 mila euro di imponibile da recuperare per i contributi relativi ai rapporti di lavoro subordinato. Sulle contestazioni dell’ispettorato l’avvocato degli indagati ha presentato ricorso al Comitato regionale, che non si è ancora pronunciato.
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