«Erano delle furie, abbiamo avuto paura»
Il giorno dopo è stato ancora più difficile. La signora Marta Veronese, ex albergatrice di Jesolo, con la mamma 89enne, Palmira, e la governante rumena, Tatiana, non hanno quasi dormito in queste notti dopo la violenta rapina di cui sono state vittime nella casa di via Calvi.
Marta, vedova dell’albergatore Enzo Busolin, titolare dell’hotel Mirafiori scomparso 3 anni fa, ha dovuto fare la spola da casa alla polizia di Jesolo per le denunce e le testimonianze, recuperare il numero del telefonino che i rapinatori si sono portati via dopo il colpo. Ha ricevuto la solidarietà del Comune e di tantissimi amici e amiche di famiglia. Intorno alle 20 di giovedì un’amica ha suonato alla porta perché doveva partecipare a una serata di burraco a casa delle Veronese. È grazie a lei che i rapinatori hanno pensato di allontanarsi, dopo aver legato le donne con fascette di plastica dolorose, schiaffeggiato la governante rumena cui hanno applicato del nastro adesivo alla bocca per impedirle di gridare. E spintonato in malo modo la signora Marta, la quale ha riportato leggere lesioni guaribili in 10 giorni, fino al piano di sopra per rubare tutti i gioielli, per circa 50 mila euro anche se ancora il valore non è stato quantificato. «Abbiamo avuto tanta paura, ma adesso ringrazio tutti», ha detto ieri Marta Veronese, «prima di tutto la polizia di Stato che è arrivata subito sul posto per avviare le indagini e ci ha dato un grande supporto. E poi i tanti amici che ci sono stati vicini in questi giorni, ci hanno contattato, aiutato a superare il dolore e la paura».
Tutto si è svolto in circa 20 minuti, perché i rapinatori hanno detto poche parole e intimato precisi ordini alle tre donne. Hanno gridato “Polizia”, appena fatta irruzione, per confonderle una volta entrati da una porta sul retro. E prima di andarsene, fuggendo a piedi, hanno gridato stranamente “Allah Akbar” forse per depistare le indagini e far credere che fossero dei musulmani. Ma avevano occhi azzurri di ghiaccio che si intravedevano dai passamontagna, corporatura media, giovane età, nessun particolare accento. «Erano dei professionisti», hanno ricordato ancora le tre donne nell’abitazione di via Calvi, laterale di via Ca’ Gamba a Jesolo Paese, «perché sapevano come muoversi in breve tempo e con velocità. Tutti vestiti completamente di nero. Saranno restati in casa un quarto d’ora o poco di più. E sapevano a cosa mirare».
Il bottino sicuro erano i gioielli di famiglia, tanto oro e preziosi che le donne, mamma e figlia tenevano in casa da decenni e che erano di gran valore. I malviventi erano a conoscenza del fatto che le donne erano sole e indifese, che non c’erano uomini in quel nucleo familiare e che anche i vicini non si sarebbero accorti facilmente dell’incursione in stile commando.
Sono fuggiti a piedi nella serata brumosa e desolata della campagna di Jesolo correndo verso via Ca’Gamba per poi dileguarsi. Ora si indaga sui rapporti della famiglia, le amicizie, eventuali persone che possano aver lavorato nella casa in passato e per brevi periodi. Il sospetto è che avessero una descrizione dettagliata degli obiettivi e che sapessero bene anche come entrare da una porta sul retro che conduce al vano caldaie. —
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