Eni decide di ripartire. In perdita

MARGHERA. Malgrado sia già certo che si lavorerà in perdita e in un mercato in preda ad un inarrestabile riduzione dei consumi di carburanti, riparte la raffineria di petrolio di Eni che occupa complessivamente 320 dipendenti. I 200 lavoratori messi in cassa integrazione dallo scorso 1 novembre sono tornati al lavoro e, come promesso, dal 2 maggio prossimo riprenderà a produrre a pieno regime benzina, gasolio e altri prodotti finiti.
Il riavvio della produzione, dopo la fermata temporanea di 6 mesi, era previsto dall’accordo sottoscritto da Eni e dai sindacati dei lavoratori chimici lo scorso 26 ottobre in cui si escludono altre fermate, almeno fino alla fine del 2014. Ma ieri, durante una video-conferenza stampa tenutasi nello stabilimento veneziano, il direttore generale di Eni Refining & Marketing, Angelo Fanelli, e il direttore del personale, Andrea Percivalle, hanno annunciato che presto sarà avviato un confronto con i sindacati dei lavoratori per «trovare valide alternative industriali».
La raffinazione del petrolio nelle 6 raffinerie italiane dell’Eni - compresa quella veneziana, la più piccola e con i costi fissi più alti - è ormai «strutturalmente in perdita».
Basti pensare, come ha spiegato Fanelli, che per portare almeno in pareggio i costi di produzione, la benzina prodotta in loco dovrebbe essere vendita a 3 centesimi in più al litro, rispetto ai prezzi di vendita dei carburanti già raffinati che arrivano a Venezia e vengono venduti dai concorrenti (San Marco Petroli e Decal) che riforniscono le pompe di benzina di tutto il nordest.
«Con il riavvio della produzione, stiamo dimostrando che questi impianti, pur vecchi, sono in grado di ripartire», ha detto ancora Fanelli, senza però nascondere che la fermata di sei mesi «è stata un sacrificio per lo stabilimento di Marghera, ma un beneficio per Eni che ha evitato ulteriori perdite».
E con il prossimo riavvio il problema «strutturale di dover lavorare in perdita, rimane», visti che nel mercato mondiale dei carburanti, la domanda è continua flessione (-24% negli ultimi 5 anni) a causa di una crisi di sovrapproduzione, del costante innalzamento del costo del greggio, e del fatto che in altre parti del mondo si producono benzina e gasolio con costi nettamente inferiori di quelli esistenti in Italia dove esistono ben 16 raffinerie delle quali, per ammissione della stessa associazione dei petrolieri, almeno 6 «sono di troppo».
Del resto Angelo Fanelli ieri ha ripetuto che la raffineria di Marghera riparte «ma, con le perdite strutturali che ha, non potrà restare a lungo in funzione». C’è, comunque tempo fino al 2014 per trovare un’alternativa industriale, sulla quale Eni «vuole confrontarsi in modo trasparente con i sindacati dei lavoratori». A tale proposito - stando a quanto sostenuto dai sindacati dei chimici veneziani di Cgil, Cisl, Uil - Eni ha già avviato uno studio sulla fattibilità di una “green rafinery”, ovvero la possibilità di ristrutturare gli attuali impianti per raffinare combustibili, come il biodisel o altri carburanti ibridi «sostenibili sia dal punto di vista produttivo che economico».
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