E' nato il «teatrino Zero» dall'ex scuola Calvino

I fondatori del «teatrino Zero» nell’ex scuola di Crea
SPINEA.
Era un luogo grigio e trascurato: ormai ci si svolgevano solo le infuocate assemblee sul Passante. Da ieri nella ex scuola Calvino di Crea è nato un teatro. Mentre la cultura fa parlare di sé solo per i tagli, Spinea prova ad andare controcorrente, creando uno spazio culturale che in paese non c'è stato nemmeno negli anni d'oro. E soprattutto non verrà finanziato con le accise sul prezzo della benzina, come succede per i più blasonati teatri. Si chiamerà «teatrino Zero», proporrà anche musica, danza, teatro per bambini, cineforum, seminari, convegni, corsi, fotografia e teatro di posa. Ieri sulla nuova creatura voluta da Alberto Guariento, Edoardo Fainello e Paolo Zaffaina, già fondatori dell'associazione culturale «Natibrutti» e della compagnia Teatroasincrono, si è aperto ufficialmente il sipario. Un vecchio spazio trascurato di una scuola ormai in disuso è diventato un elegante teatrino a scalinata con un'ottantina di posti, cento metri quadrati di spazio scenico, fondali e quinte a soluzione modulare. Zero è uno dei pochi teatrini dotato anche di un corridoio che circonda tutto lo spazio scenico, per entrate e uscite di scena da ogni lato, è dotato di 11 proiettori teatrali, impianti da 400 watt e la moderna tecnologia «Airplay» che consente di trasmettere file audio e video attraverso la rete, anche da un semplice cellulare. Un vero gioiellino. Ospiterà spettacoli culturali inseriti in circuiti, anche nazionali, senza timori reverenziali. «E soprattutto - aggiunge Fainello - Zero non entrerà mai in crisi perché non vive di sovvenzionamenti statali». Quindi neanche di tagli. Si sosterrà solamente col pubblico e le donazioni. A Spinea ci provano, investire sulla cultura, aprendo un teatro in un paese salito alle cronache solo per i disagi legati all'avvento del Passante, appare molto più di una scommessa. «La sfida è stata farlo a Crea - spiega l'assessore alla Cultura Loredana Mainardi - ma ci crediamo perché questa è una comunità fortemente identitaria e popolare. Dicono che con la cultura ormai non si mangia: noi pensiamo diversamente per questo abbiamo scommesso su questa iniziativa».
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