«Durissima la prima volta senza Valeria»

VALERIA. «Il mio primo Natale senza mia sorella Valeria è durissimo. Per me non è più un’occasione familiare di serenità. Tutto è sconvolto, è stravolto. Lo trascorrerò a casa con i miei genitori, mia nonna, mia zia, i miei cugini. Con noi non ci sarà il fidanzato di Valeria (Andrea Ravagnani abita a Parigi, ndr)». In campo San Giacometo a Rialto, Dario Solesin, 25 anni, si lascia andare e si confida un po’. È solo, appartato, disperato, gli occhi gonfi e umidi di pianto; le parole, poche e asciutte, gli si fermano in gola. Il suo cellulare squilla in continuazione. Un amico lo contatta e subito lo raggiunge.
Dario con un filo di voce ricorda che è a casa: «In questo periodo natalizio i campionati di calcio sono sospesi (lui gioca nel Venezia 1907, Terza categoria, ndr), così penso ancora di più a mia sorella...». In campo San Giacometo per Dario scatta una solidarietà spontanea. Tanti residenti e altrettanti bambini lo riconoscono, lo circondano di affetto. Le persone lo salutano, gli tendono la mano, gli danno una parola di conforto, gli offrono una fetta di pandoro. Lui li ascolta, li guarda ma pare lontano da tutto e da tutti.
«Penso sempre a Valeria», dice sottovoce. «È duro vivere senza di lei: mi spronava a studiare, a essere tenace, a tenere duro. Mi ha insegnato a vivere». Nel cuore della città è festa, anche nella vicina pescheria dov’è stato allestito il “Mercatino dei Granai” e dove centinaia di Babbi Natale cantano allegramente assaporando il pandoro e sorseggiando prosecco. In campo San Giacometo si sentono i canti natalizi. C’è chi offre il panettone, i dolciumi, la cioccolata, il vin brulè. La festa, promossa dall’Associazione Rialto Mio con il presidente Luciano Olivi, nata nel 1948, un’eredità trasmessa di padre in figlio, ha un dna speciale: la solidarietà e i bambini.
Quest’anno la manifestazione è all’insegna della vicinanza alla famiglia Solesin e del ricordo alla veneziana Valeria, classe 1987. Sopra un bancone ci sono una copia dell’Espresso con la foto della giovane studentessa uccisa dai terroristi con un colpo di kalashnikov al teatro Bataclan a Parigi lo scorso 13 novembre, un quaderno dove i bambini mettono la propria firma - i più piccini utilizzano lo stampatello - e un grande contenitore rosso e verde con la scritta: “Un pensiero di pace per Valeria Solesin”. Dentro tante letterine dei bambini che Dario riceve in dono.
“Ringrazio tutti, Venezia e i veneziani», dice Dario. «So che ci volete bene. Scusatemi non riesco a dire di più. Scusatemi se non riesco a farvi gli auguri di Buon Natale». Silenzio. Poi aggiunge: «Nelle calli tante persone mi riconoscono; fermano me, mio padre Alberto, mia madre Luciana. Ci dite delle parole stupende che ci confortano, ci aiutano a superare questo doloroso momento. Grazie, grazie ma senza Valeria è davvero dura». Valeria in cimitero è sommersa dai fiori, rose, girasoli, lilium. Di recente una persona ha lasciato un biglietto: «È meraviglioso. Volevo concludere con le parole pronunciate dal Rabbino (Scialom Bahbout, Rabbino capo della Comunità ebraica di Venezia, ndr) alla tua cerimonia funebre: “I giusti non muoiono mai”. E io penso che per te sarà sicuramente così. Ciao Valeria». Dario tenta di parlare ancora: «Sono andato a trovare mia sorella lo scorso sabato, in compagnia di mia nonna».
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