Droni, filtri e reti daranno la caccia alle microplastiche nel mare Adriatico

Arpav è capofila del progetto italo-croato Marless  Trenta mesi di monitoraggi e interventi sperimentali



L’Arpav è la capofila di un progetto che coinvolge direttamente la costa veneziana e il mare che la fronteggia, messo a punto per fermare l’invasione di microplastiche nel mare Adriatico con droni acquatici, barriere fluviali, secchielli (seabin) che filtrano l’acqua e le reti dei pescatori. A minacciare il mare Adriatico che fronteggia tutto il litorale veneziano non ci sono solo i cambiamenti climatici, l’innalzamento dei mari, l’inquinamento scaricato dai fiumi e la corrosione delle coste. C’è un nemico più subdolo che se la prende con tutti i mari e anche gli oceani. Sono le maledette microplastiche, tutte prodotte dall’uomo, minuscoli pezzi di oggetti di plastica più grandi (come bottiglie, borse, ecc.), inferiori ai 5 millimetri , che riempiono anche i tratti di mare più limpido, finiscono nello stomaco dei pesci e attraverso la catena alimentare fino all’uomo. In tutto il mondo si moltiplicano le iniziative per fronteggiare questo nemico, un’impresa davvero titanica che nel mare Adriatico, dalla costa veneta e friulana a quella croata, è cominciata seriamente con il progetto “Marless - Marine Litter cross-border awarenEss and innovation actions” coordinato dall’agenzia regionale per l’ambiente, Arpav, di accordo con la Direzione Progetti Speciali per Venezia della Regione Veneto, nell’ambito del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Interregionale Italia-Croazia.

Marless gode già di un finanziamento dell’Unione Europea di oltre 4 milioni di euro e coinvolge ben tredici soggetti diversi: sette italiani (Arpav, regione Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Puglia, Università di Bologna, Fondazione Cetacea)e sei Croati (Ministero dell’Ambiente, Agenzia di Sviluppo Dubrovnik-Neretva, Università di Dubrovnik, Istituto Ruder Boskovic, Regione dell’Istria e l’Agenzia per l’Energia Istriana).

Arpav, in qualità di “lead partner”, si occuperà della gestione complessiva del progetto e del coordinamento delle attività, oltre a contribuire allo sviluppo di una strategia di monitoraggio condivisa fra le due sponde dell’Adriatico, concentrandosi sulle diverse forme: rifiuto spiaggiato, rifiuto in mare e microplastiche e prevedendo la sperimentazione di varie tecniche di recupero dei rifiuti, con l’aiuto di droni acquatici, secchielli di filtraggio e, naturalmente, le reti dei pescatori che dovranno essere ricompensati, invece che multati (come succede ora) quando riportano tutta la plastica i“pescata” in mare a terra. «Merless coinvolge un grande numero di partner, durerà trenta mesi e si concluderà nel 2022 _ ci spiega la biologa dell’Arpav, Lorena Franz, dirigente responsabile dell’Osservatorio regionale dei rifiuti _. E’ un progetto di grande valore ambientale e molto impegnativo, si tratta di coordinare ben tredici partner diversi, tra i quali, oltre alla Regione Veneto, c’è l’associazione dei Comuni della Costa del Veneto già impegnata su questo fronte, che devono condividere anche in questi tempi così difficili, per la pandemia, un intenso lavoro in gran parte sarà fatto in videoconferenza e attraverso i mezzi digitali». «Il progeto italo-croato Marless affronta il problema delle microplasitiche disperse in mare nel suo complesso e si sviluppa su cinque piani di intervento _ sottolinea Lorena Fraz _ che prevedono il monitoraggio della presenza delle microplastiche nel bacino Adriatico, lo studio delle correnti marine che sta realizzando l’agenzia ambientale del Friuli, una serie di azioni pilota per la raccolta delle concentrazioni di microplastiche individuate con secchielli filtratori e droni acquatici. E’ previsto anche l’aiuto dei pescatori per i quali bisogna prevedere un incentivo, con un’adeguata normativa recepita in Italia e Croazia, che li convinca a portare a terra i rifiuti impigliati nelle reti, senza più incorrere in una sanzione. Dovremo anche agire per fermare il flutto di rifiuti e in particolare plastiche che arrivano in mare attraverso i fiumi in quantità rilevanti, approntando il modo più appropriato per smaltire quelli recuperati. Infine, c’è l’opera di sensibilizzazione delle scuole, degli operatori turistici e dell’opinione pubblica». «Gli obbiettivi di questo progetto sono ambiziosi, quanto necessari – conclude la biologa dell’Arpav –, bisognerà condividere gli interventi e le azioni previste con tutti i soggetti che lo hanno sottoscritto per riuscire nell’impresa». —

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