Delitto Cannizzaro: il sospetto assassino in carcere in Romania

MESTRE. La Squadra Mobile di Venezia è sicura di aver individuato l'uomo che ha ucciso Alberico Cannizzaro, 79 anni, ucciso a coltellate il 2 luglio scorso: si tratta di Marcel Mustata, ha 21 anni ed è cittadino rumeno. Che il cerchio si stesse chiudendo attorno al responsabile, gli investigatori lo avevano fatto capire da tempo, ma ora arriva la conferma ufficiale: ad essere formalmente accusato del brutale omicidio e di rapina è un ventenne, attualmente in carcere in Romania, dopo essere stato arrestato per una brutale violenza sessuale con sequestro di persona, in danno di una giovane donna connazionale. E' accusato di omicidio e rapina.
I riscontri con il Dna e le tracce lasciate sul luogo del delitto, nonché le testimonianze di chi aveva visto l'uomo insieme all'anziano, hanno portato gli investigatori sulle sue tracce, partendo da un frammento di impronta lasciato sul luogo del delitto. Fino al far combaciare le analisi effettuate in Italia con i riscontri in Romania.
Ora la magistratura italiana dovrà chiedere l'estradizione, anche se molte sono le domande alle quali si attende risposta. Iniziando dalla principale: perché? Perché massacrare un anziano.
Gli investigatori della Squadra Mobile sono giunti alla stretta finale, dopo un’indagine condotta nel massimo riserbo e con non poche difficoltà. Un’indagine vecchia maniera, consumando le suole delle scarpe per cercare testimoni ed elementi. Tutto questo considerato che all’inizio non c’era un movente chiaro dell’omicidio e non c’erano elementi utili a far individuare una pista precisa. Gli investigatori diretti da Angela Lauretta da un piccolo particolare come un'impronta parziale hanno saputo dipanare una matassa che li ha portati lontano, in Romania, trovando nella banca dati il riscontro che cercavano, dopo che il giovane Mustata era stato assestato per violenza sessuale proprio in Romania, dove si era rifugiato dopo l'omicidio.
Nel video (Interpress) il questore Vincenzo Sanna, il procuratore aggiunto Adelchi d'Ippolito e la capod ella Squadra Mobile Lauretta, spiegano le fasi dell'indagine.
Un delitto che ha creato non grande allarme sociale - nella comunità di Marghera soprattutto - ha trovato il suo responsabile.
La vittima, Alberico Cannizzaro, aveva 79 anni: era il padre di due sacerdoti - don Corrado e don Stefano Cannizzaro, parroci al Lido di Venezia e a Mestre - abitava con la moglie in un appartamento in piazzale Radaelli.

A far scattare l'allarme era stato don Corrado, parroco nella chiesa di San Pietro Orseolo, in viale Don Sturzo. Don Stefano durante la mattina del 2 luglio aveva provato diverse volte a mettersi in contatto con il genitore. L'anziano padre però non aveva mai risposto al telefono. Quindi, poco dopo le 16.30, il fratello, don Corrado, ha deciso di andare a controllare di persona. Tutto all'esterno era in ordine. Nulla che facesse pensare a quello che poi il sacerdote si è trovato davanti: la porta chiusa regolarmente, come del resto il cancello che dà in strada. Una volta entrato in casa ha chiamato il padre, ma non ha ottenuto risposta.
Allora ha iniziato a controllare nelle stanze. È entrato in cucina e lì ha trovato il padre in un lago di sangue riverso a terra. Il corpo inanimato ha fatto capire subito che Alberico era morto. Ma il figlio si è chinato in un gesto naturale a prestare soccorso all'anziano. Tutto inutile. Quindi ha dato l'allarme. Ha chiamato la polizia e avvertito il giovane che accudiva Alberico. Sul posto sono arrivati gli agenti delle volanti e i loro colleghi della Squadra Mobile con il vice dirigente Barbara Re. Ma prima del loro sopralluogo è entrata in azione la polizia scientifica che ha compiuto i rilievi.
Gli investigatori hanno controllato se vi fosse l'eventuale presenza di impronte, di segni di colluttazione e fotografato il cadavere che presentava una ferita da arma da taglio tra collo e torace. Nessuna arma però è stata trovata sulla scena del delitto. O meglio non esternamente al cadavere. Infatti il medico legale che ha compiuto il primo sopralluogo cadaverico ha scoperto che all'interno della ferita era rimasta una lama, presumibilmente di coltello. All'apparenza nessun segno evidente che potesse far pensare ad una rapina. Tutto in regola e questo ha fatto pensare agli inquirenti, coordinati dal pm Laura Cameli, che Alberico avesse fatto entrare nella sua abitazione l’assassino senza timori. In sostanza lo conosceva. Nei diversi sopralluoghi, compiuti successivamente, dagli investigatori alla presenza dei familiari, è emerso che nulla era stato portato via, anche se ora viene contestata anche la rapina al ventenne rumeno, oltre al ben più grave accusa di omicidio volontario.
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