David, 18 anni da pochi giorni «Velocista come Jacobs sempre escluso dall’azzurro»

Gauze è nato in Italia da genitori della Costa d’Avorio, è sprinter  per la Coin ma solo oggi può essere considerato italiano 
L.b.

l’intervista / 2

David Gauze corre i 100 metri in 11” 28, un secondo e mezzo in più del tempo che ha regalato l’oro a Marcell Jacobs alle Olimpiadi. È un campioncino della velocità. Eppure, nato in Italia da genitori della Costa d’Avorio, 18 anni compiuti il 29 giugno, è italiano soltanto da una manciata di giorni.

David, da venerdì lei è finalmente un cittadino italiano.

«Già, che paradosso. Le mie radici sono in Costa d’Avorio, ma la mia vita è tutta a Mestre. Sono nato in Italia. Mi sono avvicinato allo sport giocando a calcio, ma ben presto il mio allenatore mi ha consigliato di provare con l’atletica, perché ero molto veloce. Nel 2011 mi sono tesserato con la Coin e da allora corro i 60, i 100 e i 200 metri. Il mio record nei 100 metri è 11” 28, nei 200 è invece 22” 80».

Sogna di fare l’atleta?

«Sì, ci sto puntando tanto. Sto studiando al “Berna”, per diventare elettricista, ma il mio futuro lo vedo in pista. Mi sono classificato tredicesimo ai campionati italiani dei 60 metri. Nei 100 e 200 metri non ho nemmeno provato a classificarmi perché, anche se avessi avuto un punteggio stratosferico, non avrei potuto gareggiare, non essendo cittadino italiano».

Non per la legge italiana.

«Esatto. Perché io sono nato in Italia, in Italia vivono i miei amici, a casa parlo quasi esclusivamente italiano. In Costa d’Avorio abitano ancora i miei zii e i miei cugini. Ma io in Costa d'Avorio e, in generale, in Africa sono stato una volta soltanto».

E com’è?

«Direi un posto normale».

Cosa pensa dello Ius soli sportivo?

«Che sarebbe ora. Gareggiando ad alti livelli, mi sono reso conto che lo sport è molto più avanti rispetto al resto della società. Quando siamo in gara, siamo tutti uguali, non importa il colore della pelle. Anzi, non importa proprio nulla, perché l’unica cosa che conta è stare insieme e divertirsi. Fin da quando ero bambino, non mi sono mai sentito diverso dai miei compagni. Ci sono tanti ragazzi che hanno origini straniere e che magari vivono in Italia perché sono stati adottati. Ed è paradossale che io non possa competere nel mio Paese e rappresentarlo».

Alle Olimpiadi tifava per Marcell Jacobs?

«In realtà no, perché non lo conoscevo più di tanto. Nella gara dei 100 metri io puntavo sul velocista canadese Andre De Grasse. Certo, quando ho visto Jacobs vincere in 9” 80, ho cambiato idea e alla staffetta sostenevo il quartetto italiano. Ai 200 metri però tifavo sempre per De Grasse, è il mio idolo». —



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