«Colloquio via Skype per fare il presidente del porto di Venezia»

VENEZIA. Assunto senza “raccomandazioni”. Dopo aver mandato il suo curriculum al ministero delle Infrastrutture e aver parlato con il ministro via Skype da Singapore. Sembra una storia di altri tempi quella di Pino Musolino, 39 anni, veneziano doc (è nato alla Giudecca, «campo Marte 918»), designato dal ministro dei Trasporti Graziano Delrio come nuovo presidente dell’Autorità portuale di Venezia al posto di Paolo Costa, giunto al termine del mandato.
Musolino se n’era andato all’estero licenziandosi dalla Provincia, in polemica con il suo (ex) partito, il Pd allora Ds. Negli ultimi dieci anni ha ottenuto un master all’Università di Swansea, in Gran Bretagna, in materia di Trasporti, è diventato manager del porto di Anversa e adesso della quarta società al mondo per la movimentazione dei container, la Hapag-Lloyd Ag. Consulente di diritto marittimo internazionale, con un’esperienza maturata quasi tutta all’estero. Politica, quasi niente. Consigliere di Municipalità a Venezia nel 2005, se n’era andato rifiutando il posto fisso a Ca’ Corner.
Adesso l’uomo che si è fatto da sé ha spiazzato tutti, battendo sul filo di lana concorrenti più ammanicati con la politica e convincendo il ministro dopo un colloquio via Skype. «Lo so che nessuno ci crede, ma è andata proprio così», attacca il - non ancora ufficiale - nuovo presidente. Risponde da Singapore, dove lo ha appena raggiunto la moglie finlandese con il piccolo Leone, nato da appena 43 giorni.
Dopo il decreto firmato dal ministro adesso la sua nomina dovrà essere approvata dal sindaco Luigi Brugnaro e dal presidente della Regione Luca Zaia. Quest’ultimo avrebbe già dato un assenso di massima. Il sindaco era stato informato della scelta dal ministro in visita a Venezia. Lui avrebbe preferito una proroga a Costa, ma il curriculum indiscutibile di Musolino e la sua esperienza - ma anche il fatto che non si trattasse di un ministeriale - lo hanno alla fine convinto.
Una storia da raccontare. Il ricercatore che torna nella sua città e diventa il presidente del Porto.
«È così. Ho mandato il mio curriculum al Ministero. Mi hanno chiamato e con il ministro ho fatto solo un lungo colloquio via Skype».
Soddisfatto?
«Beh sì. Anche se non ho ancora ricevuto il decreto. Per rispetto delle istituzioni vorrei rinviare i commenti a quando la nomina sarà ufficiale».
L’ultimo suo incarico a Venezia è stato il consigliere di Municipalità.
«Sì, qualcuno lo ha ricordato. Ma da allora sono passati dieci anni. Non sono più quella persona. In questo periodo ho avuto il master, ho lavorato come manager e consulente nei porti. Adesso a Singapore nella quarta compagnia più grande del mondo che possiede 181 navi di proprietà».
Veneziano doc.
«Sono nato all’Umberto I nel 1978, quattro giorni dopo il rapimento di Aldo Moro. Ho abitato alla Giudecca finché me ne sono andato all’estero».

Grandi progetti sul tappeto. Off shore, nuovo terminal per le grandi navi. Polemiche che durano da anni. Come pensa di affrontare questi nodi?
«In questi anni pur lavorando all’estero ho seguito da vicino le questioni veneziane. Ho le mie idee, ma credo che la prima cosa da fare sia introdurre un metodo di dialogo e di ascolto delle istituzioni e delle categorie. Le decisioni vengono alla fine. In democrazia non ci sono capi assoluti di niente».
Possibile che la politica non abbia avuto alcun ruolo nella sua nomina?
«Possibile sì. Alcuni amici mi hanno consigliato di inviare il curriculum. L’ho fatto».
Tornerà presto ad abitare a Venezia.
«Ripeto, aspettiamo che la nomina sia definitiva, perché spesso chi entra papa in conclave ne esce cardinale. Adesso dico che sono onorato di essere stato chiamato. E che spero di poter dare il mio contributo tecnico e professionale alla mia città».
Ha avuto contatti con il sindaco e la politica locale?
«No. Sarà la prima cosa che farò una volta che la nomina sarà stata ufficializzata».
Da quando entra in carica il nuovo presidente?
«Un paio di mesi credo. Ci sono da terminare i passaggi istituzionali, il voto di Camera e Senato. Poi dovrò risolvere i miei contratti. Lavoro in un’azienda privata, non godo di aspettativa».
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