Cocaina dal Sudamerica 24 imputati, i boss chiedono lo sconto
Droga della ’ndrangheta trasportata dal Sudamerica in Veneto e Lombardia nelle casse di frutta e mazzancolle: due imputati hanno patteggiato ieri e uno lo farà nella prossima udienza a maggio. Tre vogliono affrontare il processo davanti al tribunale collegiale, ma la maggior parte di coloro che sono finiti nell’inchiesta “Picciotteria 2” ha chiesto e ottenuto lo sconto della pena. In 18 saranno giudicati con il rito abbreviato che, basandosi sugli atti a disposizione, prevede la decurtazione di un terzo della pena in caso di condanna. Tra loro, anche gli imputati che vengono ritenuti dalla sostituto procuratore Paola Tonini ai vertici dell’organizzazione criminale. Così è stato deciso ieri nell’udienza preliminare davanti al gup Luca Marini che si è svolta in aula bunker dato che gli imputati vi hanno partecipato attraverso la videoconferenza.
Ok all’accordo sulla pena per Alexander Kovacevic, sloveno di 36 anni, che ha patteggiato 2 anni con la sospensione della pena, e Bruno Palamara, 27 anni, 6 mesi in continuazione con una condanna precedente. Patteggerà a maggio 1 anno Azen Thara, albanese di 38 anni. Rinviati a giudizio, invece, Nicola Giovanni Stilo, 48 anni, e Pietro Ferraro, 35 anni (entrambi difesi dall’avvocato Fabio Crea), e la mestrina Eleonora Arnini, 31 anni (avvocato Mauro Serpico). Il processo a loro carico inizierà il 18 settembre. Maxi udienza preliminare per la discussione dei riti abbreviati dal 21 giugno, invece, per i restanti 18 imputati che devono rispondere a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti – per alcune posizioni la pm ha contestato anche l’aggravante mafiosa – oltre che di ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio. Davanti a un nuovo gup – il giudice Luca Marini si dichiarerà incompatibile dopo aver concluso l’ultimo patteggiamento – si presenteranno, tra gli altri, Attilio Vittorio Violi, 56 anni, considerato il capo dell’organizzazione che importava la droga e che era rimasto tale anche dopo che, il 3 dicembre 2015, era stato arrestato. Era sempre lui, appartenente alla ’ndrina Morabito di Africo e trapiantato a Marcon, per dirla con le parole della pm Tonini, che era a capo della «cellula criminale ’ndranghetista operante in territorio veneziano», capace di dirigere i traffici attraverso i “pizzini” nascosti nei fazzoletti sporchi dati ai parenti durante le visite in carcere così da guidare l’operato dei suoi “eredi”: il cognato Giovanni Pietro Sculli, 49 anni, e, in subordine, il cugino Rocco Scordo, 42, referente operativo della banda in Veneto. Scrive il magistrato che Violi, nei contatti intercettati con la moglie e il cognato, «ha continuato a dare disposizioni sul mantenimento dei legami allo scopo di rinsaldare il nome della famiglia nella consorteria criminale in Calabria». Ha chiesto lo sconto di pena anche Antonino Vadalà, l’imprenditore calabrese di 44 anni arrestato e poi rilasciato un anno fa in Slovacchia per l’omicidio del giornalista Jan Kuciak e della sua fidanzata Martina Kusnirova. Vadalà, secondo la Dda, avrebbe avuto un ruolo fondamentale nell’importazione dello stupefacente dal Sudamerica, andando anche direttamente in Ecuador per definire gli accordi con i trafficanti. Stessa scelta processuale per Santo Morabito, 56 anni, incaricato di impartire le direttive ai fornitori. —
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