Carcere maschile di Venezia, i contagi di Covid salgono a 42: scatta l'allarme

VENEZIA. Esplode il focolaio all’interno del carcere di Santa Maria Maggiore, dove sale a 42 il totale di postitivi, di cui 38 tra i detenuti. I primi contagi, con numeri di un certo rilievo, erano emersi la settimana scorsa: 23 detenuti e tre agenti della polizia penitenziaria. Ma, nel giro di una settimana, le cifre sono praticamente raddoppiate.
«E probabilmente i positivi sono ancora più di quelli che conosciamo, visto che i tamponi vengono fatti a rilento, non interessando l’intera platea del carcere», denuncia Gianpietro Pegoraro di Cgil. «È vero che, tra il personale, i contagi sono pochi. Ma, vista la quantità enorme di detenuti positivi, sarà estremamente difficile circoscrivere il focolaio. La nostra speranza è nei vaccini, che potrebbero arrivare nelle carceri già a febbraio».
Anche per questo sembra tramontare l’ipotesi di trasferimento dei detenuti positivi nelle carceri di Rovigo (a medio – alta sicurezza) e di Trento, come ipotizzato alcune settimane fa. Rimane solo uno, invece, un positivo nel carcere femminile; all’interno del personale amministrativo. I casi emersi a Santa Maria Maggiore contribuiscono a dare una dimensione al picco dei 662 nuovi positivi emersi mercoledì, per un totale di 12.456 casi tuttora attivi nel territorio provinciale.
Quindici, invece, le vittime registrate nelle ultime 24 ore, che fanno salire a 1.084 i decessi nel Veneziano dall’inizio della pandemia. Diminuiscono i posti letto occupati tra gli ospedali e le strutture intermedie della provincia: sono 571 (-10) di cui 60 (stabili) in terapia intensiva. Intanto ieri è iniziata la campagna di vaccinazione contro il Covid all’interno degli ospedali. E continua il fuoco sul dibattito circa l’opportunità di rendere obbligatorie le somministrazioni per il personale sanitario.
L’adesione, a livello regionale, dovrebbe comunque essere prossima al 90%. «Io mi auguro che la sottoposizione rimanga volontaria; ma perché per un sanitario, sottoporsi al vaccino, dovrebbe essere automatico», sostiene Giovanni Leoni, presidente veneziano dell’Ordine dei medici.
«Quanto mi sono iscritto alla facoltà di Medicina, nel lontano 1976, farsi la vaccinazione contro la tubercolosi era un prerequisito per essere ammessi. Quando ho iniziato a lavorare in un ospedale, con la mano destra mi hanno dato il camice e con la sinistra i moduli per esami del sangue e vaccinazioni. Se vuoi fare il medico, passi di lì. Non dimentichiamo che, nei Paesi non industrializzati, le malattie infettive rimangono la prima causa di morte. Ma noi non abbiamo questa percezione. La polemica sui vaccini è una polemica sterile; ci sono cose che la scienza ha già consolidato. I vaccini sono una di queste». —
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