Calo di iscrizioni Il classico Franchetti adesso è a rischio
Che sia un periodo di crisi è risaputo. Ma quasi tutti sono convinti che si tratti di una crisi congiunturale a livello economico e pochi hanno saputo guardare oltre. E capire che una crisi economica come quella attuale avrebbe investito tutti i campi, compreso quello della scuola; e oggi a farne le spese rischia di essere l’unico liceo classico di Mestre: il Liceo Raimondo Franchetti, per il quale a causa di un brusco calo di iscrizioni si profila il rischio di accorpamento con altri istituti.
Un allarme lanciato dal preside Roberto Gaudio e dal professore di storia e filosofia Michele Bertaggia. «Il Franchetti – sottolinea Bertaggia – vede nubi scure all'orizzonte per la propria sopravvivenza, per via dei nuovi dimensionamenti e delle poche iscrizioni ai classici. L’hanno scorso avevamo 153 studenti, quest’anno solo 102». «È un problema non solo nostro – continua il preside – ma nazionale, c’è una perdita di 1,20 punti in percentuale secondo i dati del ministero. E parliamo solo dei licei classici». Ma a cosa si deve questo calo repentino? È il preside fornire le risposte più preoccupanti. «Ormai in famiglia – continua – si tende sempre a spingere il ragazzo verso una formazione tecnico-professionale, spaventati dalla mancanza di lavoro, come se 5 anni di studi bastassero a bruciare le tappe, dimenticandosi, invece, della preparazione che una scuola come la nostra può dare. Persino il Ministero sembra consigliare questa scelta e non si preoccupa di aumentare il valore formativo dell’università verso le scuole». Come frenare allora questa caduta? «Stiamo lavorando – interviene Bertaggia – affinché il liceo entri in contatto con la cittadinanza, facendola sentire parte attiva, anche attraverso spettacoli come quello realizzato al Momo».
Un compito difficile e un ruolo da svolgere verso i ragazzi. Questo l’obiettivo del Franchetti. «Dobbiamo far capire – prosegue Bertaggia – l’importanza della formazione a livello di cultura e pensiero. Far capire alle famiglie, e non solo ai ragazzi, che stiamo riaprendo e restituendo alla città una scuola sottolineando il senso della nostra proposta culturale».
Di certo ci si scontra spesso contro pregiudizi duri a morire, come ben spiegato da Gaudio: «C’è troppa offerta in Italia, e si fa confusione. Si pensa che molte scuole preparino subito al lavoro e si scartano a priori quella che reputano più difficile. Si è ancora convinti che chi, dopo il classico, si iscrive a lettere vada a fare l’insegnante, in uno stato in cui i precari superano di numero quelli di ruolo, quando, in realtà, avremmo bisogno di chi lavora per un Paese al cui interno esiste oltre il 70% dei beni culturali europei. E c’è ancora chi parla di formazione culturale in vista di un progetto turistico. Ma senza chi cura la cultura, che turismo si fa?».
Il liceo classico ha fama di essere una scuola dura, persino il passaggio dal ginnasio al liceo è visto come una scalata al K2: «Sono discorsi vecchi e non più validi – conclude Gaudio – noi lavoriamo e pensiamo in ottica quinquennale e mettiamo grande attenzione all’appoggio che forniamo agli studenti a livello sia di preparazione che di motivazione».
«Si rischia di buttare via un patrimonio – chiude Bertaggia – eppure siamo tra i migliori nel creare offerte formative e dare aiuto e accoglienza ai nuovi iscritti».
In più di 70 anni il liceo ha diplomato imprenditori, manager, dirigenti, professori e anche personaggi popolari come Debora Caprioglio Carlotta Mantovan.
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