Calcio Venezia, 7 milioni di risarcimento
Il curatore fallimentare presenta il conto ai Poletti, a Marinese, Prandin e altri

La curva Morosini del Penzo ai tempi d’oro del Venezia quando la squadra militava in serie A
Il curatore del fallimento del Calcio Venezia, il commercialista Francesco Loero, ha avviato l'azione di responsabilità contro i fratelli Poletti, l'imprenditore Vincenzo Marinese, il commercialista mestrino Enrico Prandin e altri due, chiedendo ai giudici di condannarli a pagare un risarcimento di oltre 7 milioni.
L'udienza davanti ai giudici del Tribunale civile è già fissata per il 13 luglio e a firmare l'atto di citazione è stato l'avvocato Francesco Mercurio. Oltre ad Arrigo e Ugo Poletti, i fratelli trentini già condannati dal Tribunale di Trento per bancarotta fraudolenta e corruzione a otto anni di reclusione il primo e a tre anni e dieci mesi il secondo, a Marinese figlio, con il padre Lorenzo titolare della grande impresa edile «Guaraldo Spa», e al mestrino Prandin, uno dei componenti del collegio sindacale, sono stati citati anche Michele Pirro, amministratore delegato della squadra arancioneroverde per conto dei Poletti, e Claudio Morat, consigliere d'amministrazione. Numerose le contestazioni che il curatore fallimentare della «Società sportiva Calcio Venezia spa» muove ai cinque amministratori e a uno dei tre sindaci (gli altri due non sono stati citati perchè avrebbero già raggiunto un accordo grazie ad una tranzazione). «Dall'esame dei fatti della società fallita svolto dal curatore - si legge nel documento - è risultato che la condotta dell'organo amministrativo e di quello di controllo non è stata ossequiosa della legge». Quindi si elencano le perdite che dal 2005 al 2009 i bilanci hanno registrato: oltre un milione di euro nel primo anno; due milioni e 914 mila il 27 ottobre 2006. Mentre dopo il 6 dicembre 2008 il libro delle assemblee non riporta più nulla. Ma il 23 giugno 2009 si dà conto che la perdita è di quasi sette milioni di euro. In quell'assemblea, però, il consiglio d'amministrazione dà il via alla vendita della società al cittadino inglese di origine iraniana Shahrdad Golban, che paga con un bondi della Royal Bank of Scotland di 4 milioni di euro. Stando al curatore, visto che la società doveva essere considerata a rischio a causa delle ingenti perdite salite di anno in anno, gli amministratori avrebbero dovuto prestare un grado di attenzione più alto del normale. Tra l'altro, le perdite reali sono stati ben maggiori di quelle registrate nei libri contabili. Gli amministratori, dunque, avrebbero «condotto la società in modo imprudente e senza perizia», tanto che le operazioni hanno condotto sistematicamente all'erosione dell'intero capitale. Infine, vengono contestati pagamenti a Pirro giustificati come stipendi, senza alcuna delibera da parte del consiglio; prelevamenti in contanti per oltre 30 mila euro senza alcuna giustificazione; un rimborso a Marinese fatto quando il capitale sociale era perduto per un precedente finanziamento. Contestazioni vengono mosse anche sulla vendita a Golban, finita poi male perchè il bond è risultato fasullo. Secondo il curatore, sarebbe bastato un semplice controllo in internet per appurare che chi aveva attestato la veridicità del bond era il revisore contabile foggiano Gianfranco Fariello, già indagato a Milano per aver garantito come vero un bond della Royal Bank of Scotland per l'aumento di capitale di una società, bond poi risultato falso.
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