Brass e figli, scoppia la “guerra” legale

VENEZIA. «Tinto ripete che questa è una limitazione forte che non si giustifica e sta vivendo questa fase della vita in modo addolorato ed arrabbiato». Parole dell’avvocato bolognese Rita Rossi per raccontare come a 85 anni il veneziano Tinto Brass, maestro del cinema erotico italiano, debba far fronte a un macigno: i figli Bonifacio e Beatrice hanno ottenuto per il padre la nomina di un amministratore di sostegno - nella persona della moglie Caterina Varzi, fresca di matrimonio meno di un anno fa - esclusivamente per la gestione del suo patrimonio. Che però, secondo l’avvocato, sarebbe poca cosa. La pensione, i diritti d’autore che con il passare degli anni vanno molto calando e l’archivio della carriera di Brass, formato soprattutto da foto e spezzoni di video. «Tutto materiale che peraltro non appartiene fisicamente al regista, bensì ai produttori, e che non fa reddito», spiega l’avvocato, «Per Tinto ha però un enorme valore esistenziale».
Tutto inizia con le nozze, il 3 agosto scorso a Isola Farnese (Roma), tra il regista e Caterina Varzi, colei che lo stesso Brass ha definito la sua “musa ermeneutica”. Poche settimane dopo il “sì”, il figlio Bonifacio si rivolge al tribunale civile di Roma per chiedere la nomina di un amministratore di sostegno per il padre. Richiesta, questa, a cui si accoda in un secondo tempo la figlia Beatrice. Nell’istanza depositata dal figlio si legge che Brass, oltre alle problematiche fisiche (ha avuto episodi ischemici nel 2010 e nel 2012 dai quali si è ripreso, ndr), «non mostra le opportune capacità di gestire con oculatezza le proprie risorse economiche». Si fa menzione anche della sparizione di alcuni quadri di proprietà del padre.
Brass riceve a ridosso di Natale la convocazione da parte del tribunale. Il giudice tutelare che deve decidere vuole capire il quadro generale e il livello di consapevolezza del maestro del cinema erotico in relazione alla gestione del denaro e alle incombenze della quotidianità. Il regista ha risposto punto su punto, ogni tanto facendo emergere qualche problema di memoria. Ha raccontato che i quadri che citava il figlio non erano spariti, ma li aveva venduti tempo prima perché aveva bisogno di soldi. «Ha detto chiaramente e con orgoglio che si tratta di una questione di libertà e che non trova giusto che siano imposte limitazioni attraverso lo strumento dell’amministratore di sostegno», precisa l’avvocato sottolineando peraltro come Brass non si sia mai occupato dei propri interessi patrimoniali, ma solo della sua arte. Al tribunale, il figlio Bonifacio aveva chiesto che il padre venisse sottoposto a una perizia. E la richiesta aveva trovato il sostegno, pur con finalità diverse, da parte della difesa di Brass. Ma il giudice ha deciso senza disporre l’accertamento sanitario. Il 14 marzo 2018 ha firmato il decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno. Una decisione a cui la moglie del regista si è opposta, così come lo stesso Brass, chiarendo che in subordine si sarebbe offerta di assumere l’incarico visto che già si occupa quotidianamente delle questioni pratiche della vita del consorte. E così è stato: Caterina Varzi da quasi due mesi ha assunto il ruolo che prevede tra l’altro l’obbligo della rendicontazione annuale al tribunale delle spese di Brass. Il giudice ha disposto che l’amministrazione di sostegno sia limitata alla gestione patrimoniale. Per altre questioni, come ad esempio la salute, il regista è totalmente autonomo.
Ma Brass e la moglie non ci stanno e hanno dato mandato all’avvocato Rossi di impugnare il decreto davanti alla Corte d’Appello di Roma. «Non c’è un effettivo patrimonio da amministrare e peraltro il supporto c’è già spontaneamente da parte della moglie, a prescindere dalla nomina del tribunale», precisa il legale, «La giurisprudenza dice che se la persona manca talvolta di autonomia, ma è supportata spontaneamente dalla famiglia, può bastare». Si annuncia quindi un secondo round della battaglia che tanto sta ferendo il regista. Quando? A febbraio 2019. Una data troppo lontana per l’avvocato: «Cercheremo di anticiparla».
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