Bellezza, degrado e violenza: la vergogna dell’Arsenale

Viaggio fra i locali abbandonati, dove a Ferragosto è stata stuprata una donna. Ex residenze dei sommergibilisti, nel 2013 sono passate dal Demanio al Comune
Interpress/Matteo Tagliapietra. 19,08,20.- Case abbandonate Marina Militare
Interpress/Matteo Tagliapietra. 19,08,20.- Case abbandonate Marina Militare

VENEZIA. Sorgono vicino a luoghi di maestosa bellezza, ma al loro interno regna il degrado. Sono gli edifici abbandonati dell’Arsenale dei Bacini dove, la notte di Ferragosto, è stata violentata una donna da un senza dimora.

L’uomo è in custodia cautelare in carcere, e le strutture decadenti dove si rifugiava, dal febbraio 2013 passate dal Demanio al Comune, sono ancora tranquillamente accessibili. Montagne di bottiglie, cumuli di scatolette di cibo, stracci imputriditi, materassi lerci, immondizia e perfino una bombola, riempiono le stanze un tempo abitate dai sommergibilisti della Marina Militare.

Interpress/Matteo Tagliapietra. 19,08,20.- Case abbandonate Marina Militare
Interpress/Matteo Tagliapietra. 19,08,20.- Case abbandonate Marina Militare


Nessuno, dopo il brutale episodio, ha pensato di sigillarne gli ingressi o di sgomberarle dagli abusivi che, fino a ieri, stendevano i panni a bella vista davanti ai prati verdi di Thetis e del Consorzio Venezia Nuova.

Da anni questo degrado è sotto gli occhi di tutti, nonostante il rilancio dell’Arsenale sia stato al centro di numerosi dibattiti e proposte e teatro di mostre e installazioni, come le mani di Lorenzo Quinn. Alla domanda, inviata via sms, su come mai queste strutture siano ancora nel pieno degrado Luciana Colle, vicesindaca e assessora al Riordino del patrimonio e Federalismo demaniale, non ha risposto.

I tre edifici, inghiottiti dalle piante, sono a poche decine di metri dall’approdo Bacini. Scesi dal vaporetto si entra per il portone principale e si va avanti. Sulla sinistra, dopo aver superato il campo da rugby, c’è una recinzione con scritto ingresso vietato, ma ha diversi buchi, grandi e visibili, dove si può accedere in quella terra di nessuno. Qui, proprio a fianco del sentiero molto curato, dove ogni tanto arrivano i turisti più curiosi, ci sono strutture pericolanti e pericolose, segnate dalla miseria e da un vuoto vertiginoso.

Ai lati dell’ingresso del primo stabile, apribile facilmente da chiunque, c’è una tettoia con cumuli di sacchi di immondizia e di spazzatura varia. È solo il preludio dell’abbandono che si trova all’interno di ogni palazzo dove qua e là ci sono tracce di presenza umana, riconoscibili da scarpe da ginnastica e bottiglie di vino senza polvere, quindi utilizzate di recente. Vengono i brividi a immaginare cosa debba aver provato la donna violentata, salvata grazie a un uomo che ha sentito le sue urla e spaventato l’aguzzino chiamando la polizia.

Interpress/Matteo Tagliapietra. 19,08,20.- Case abbandonate Marina Militare
Interpress/Matteo Tagliapietra. 19,08,20.- Case abbandonate Marina Militare


Senza l’intervento di quella persona la donna sarebbe rimasta prigioniera in quelle stanze dove nessuno osa entrare e chissà se ne sarebbe mai uscita. Non sembra facile scappare da qui perché, a parte il primo edificio che ha un’ampia sala d’ingresso e una scala in cemento con grandi finestre che danno sul campo da rugby, gli altri sono diventati un incastro di cunicoli bui avvolti dalle radici di piante e alberi.

Proprio in uno di questi ieri una persona stendeva i panni al sole, all’ultimo piano di un edificio dove c’è una terrazza coperta da un davanzale molto alto. Quelle che un tempo erano salotti, bagni e camere da letto, ora sono diventate stanze vuote sventrate dal logorio del tempo.

Dalle finestre senza vetri, da dove penzolano resti di scuri e fuoriescono cavi di ferro e acciaio, si scorge un panorama mozzafiato. Il contrasto tra l’azzurro della laguna e del cielo e il grigio delle pareti spoglie di questi palazzi sembra marcare un confine tra due mondi.

Qui dentro gli unici resti di quello che un tempo era chiamato casa sono i gabinetti, mente i corridoi sono ricoperti di stracci putrefatti, bottiglie e qualche giaciglio improvvisato.

In un bagno, l’unico luogo dove ancora si intravedono delle piastrelle con decorazioni dorate, si trova una bombola e qualche tessuto bruciacchiato. In una stanza sporca e vuota, buttata tra la polvere e le incrostazioni sul pavimento, c’è una scarpa di ricami bianchi con tacco vertiginoso, appartenuta a una delle tante persone senza volto e senza nome che attraversano questi luoghi dimenticati dal mondo. —

Venezia, donna violentata in una casa abbandonata alla Celestia
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 21.01.2018.- Carcere Santa Maria Maggiore.


 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia