Arrigo Cipriani e la leggerezza della vecchiaia

VENEZIA. Questa volta non c’è il tintinnio delle posate d’argento né il risotto primavera; non c’è Hemingway né Woody Allen e nemmeno la leggenda dell’Harry’s bar da preservare. C’è invece una lunga, rapinosa e divertita ricetta su come vivere al meglio «il brevissimo periodo della nostra esistenza». Nel meno autobiografico dei suoi libri, ma forse nel più intimo (anche se l’autore fa finta di pomi), c’è solo Arrigo Cipriani a tu per tu con i grandi temi della vita e della sua vita - Dio, l’amore e la vecchiaia - sgranati sotto forma di dialoghi sulfurei che, uno dopo l’altro, compongono “Stupdt, o l’arte di rialzarsi da terra senza l’aiuto dei barellieri” in uscita per Feltrinelli.
“Stupdt” nel senso di stupidate, spiega Cipriani passandosi la mano dietro la nuca con quella modestia che in realtà è educazione. Il sottotitolo, invece, mantiene esattamente quello che promette e cioè le istruzioni in dieci punti per recuperare una posizione eretta da soli dopo essere disgraziatamente caduti al suolo. Cipriani, che ogni mattina fa cyclette, sollevamento pesi e autorotolamento sul pavimento, oltre a essere un uomo molto disciplinato è anche un uomo previdente perché al suo corpicino dedica ogni giorno una lunga sessione di ginnastica che gli ha permesso di arrivare a 82 anni con addominali marmorei. Poiché è anche uomo che non se la racconta, alla vecchiaia ha dedicato molte pagine del suo ultimo libro trattandola da pari a pari, quasi con tenerezza, e sicuramente con rispetto, riconoscendole indubitabili vantaggi come quello di poter far finta di non ricordare o quello di avere lo sconto al cinema.
«La vecchiaia incomincia quando dichiari con una certa vanità i tuoi anni in attesa dei complimenti che il tuo interlocutore ti farà» scrive Cipriani. «“Davvero” speri che dica “lei un fenomeno”. Meglio ancora se aggiungerà “Ma lei non cambia mai”. E tu, tronfio di successo, gli farai anche un sorriso furbesco». La terza età dell’uomo, dopo la giovinezza e la maturità, è proprio quella del “che bene che sta”. Arriva quando un uomo può invecchiare ancora un po’, ma non in eterno, e proprio perché la vita è un lampo Cipriani ammonisce che il lamento è vietato. «Mai mostrare ad altri un dolore del corpo e men che meno dello spirito perché non interessa proprio a nessuno. Se ti fa male una gamba rallenta, ma non far vedere che stai zoppicando» scrive. La disciplina che lo anima ogni mattina nella palestra di casa e ogni sera tra i tavoli dell’Harry’s arriva da lontano, e precisamente dal fegato di vitello e dal budino di riso stracotto che la madre gli portava in tavola e che lui ruminava in bocca immaginando gare automobilistiche nelle quali i piloti erano il cucchiaio, la forchetta e il coltello che lanciava sulla tovaglia. Aveva più o meno sette anni e già compreso come girare gli eventi a proprio favore, dimostrando un'attitudine alla leggerezza e all’ironia (inclusa quella selfie) che l’avrebbe accompagnato nei 50 anni da oste, adoratore delle donne e scrittore gioioso.
Dopo 15 ristoranti sparsi per il mondo, dieci libri e sette nipoti, e proprio quando avrebbe potuto sedersi in poltrona con il gatto sulle ginocchia, ecco che Arrigo Cipriani, ateo senza senso di colpa, si (ci) regala un campionario di storie deliziosamente surreali. Tra un rintocco e l’altro della vecchiaia, per fregarla con stile, ecco la Madonna non più in lacrime ma in minigonna e giarrettiere, finalmente femmina e felice, con relativa impennata di fedeli davanti all’altare e rivalutazione tout court di San Giuseppe. Ecco Eva non più strafiga ma con i denti gialli e l’alito cattivo. Ecco Dio e Buddha che siedono insieme a bere una tazza di te. Ecco i “dieci comandamenti per vivere bene”, incluso quello di desiderare la Wanda. “Perché la Wanda?”. “Perché non è di nessuno”.
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