Anna Foglietta, la bella madrina: «Ritorniamo nelle sale o il cinema morirà»

VENEZIA. Felice, così felice da specchiarsi dentro la propria meraviglia, anche se i tempi sono grami, i bauli contenuti e lei sarà la prima madrina di cui nessuno vedrà il sorriso. Anna Foglietta, 41 anni, sbarca all’hotel Excelsior sapendo che non firmerà nessun autografo, che non poserà per nessun selfie, che non farà nemmeno gli spruzzi in riva al mare a beneficio dei fotografi.
Dimezzata nella forma, l’attrice di “Genitori quasi perfetti”, “Un giorno all’improvviso” (Nastro d’argento), “Nessuno mi può giudicare”, la serie tv “La mafia uccide solo d’estate”; tra gli interpreti dell’attesissimo “Si vive una volta sola” di Carlo Verdone, impegnata nel sociale a favore dei bambini; mai ferma, dunque, l’attrice raddoppia nella sostanza. Il primo gesto è stato quello di mandare un biglietto di ringraziamento al personale dell’albergo «perché senza di loro questa macchina perfetta sarebbe imperfetta».
Tailleur Armani color panna indossato inequivocabilmente a pelle, mascherina in tinta, sandalo piatto, Anna Foglietta dice di sentirsi la madrina giusta, in questa edizione a rovescio.
Cos’ha pensato quando l’ha chiamata il direttore Barbera?
«Era verso la fine del lockdown. Ho sentito una grande responsabilità e una grande gioia. Mi sono chiesta: ma mi ci vedo? Gli amici mi hanno detto che forse era proprio l’edizione giusta per me».
In che senso?
«Nel senso che questa è un’edizione unica, un’edizione zero. È chiaro che questa Mostra del cinema è un’altra cosa. Ma se non fosse stata così, non ci sarebbe stato niente e il niente non va bene».
Come può risollevarsi il cinema dopo tanti mesi di chiusura?
«Bisogna ritornare nelle sale, altrimenti il pericolo è enorme. Già prima c’era crisi tra pubblico e sala; ora si rischia davvero di avere solo un pubblico in divano e sarebbe insopportabile. Il cinema ne morirebbe».
Suggerimenti?
«Noi tendiamo troppo spesso a mollare la spugna, solo che adesso non possiamo proprio farlo. Dobbiamo essere molto tenaci, ricreare il rapporto con il pubblico. Non dobbiamo avere spocchia, dobbiamo metterci al servizio dei nostri spettatori, come fa Carlo Verdone che va in tutte le sale».
Sul cinema il coronavirus ha pesato in maniera particolare.
«È stato uno schiaffo in faccia di cui avevamo bisogno. Ha migliorato le persone che tendevano al bene e peggiorato chi tendeva al male».
Il suo discorso per la serata inaugurale?
«Parlerò di empatia, di bisogno di accoglienza, dell’importanza di saper cogliere il dolore degli altri. Ma anche di leggerezza, che è la vera medicina che ci può far portare a casa questo festival».
Il suo rapporto con Venezia?
«Venni al festival la prima volta a 21 anni. Ricordo che vidi David Linch arrivare in darsena. Mi strappai i capelli, così, come una matta. Oggi Venezia dovrebbe avere il primato della spensieratezza».
Stato d’animo?
«Abbastanza tranquilla, mi sento a posto con me stessa. L’ansia non deve impedire di essere felice nelle cose che fai». —
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