Amianto sotto l’autoparco sei imputati a processo

Imprenditori e dirigenti sotto accusa per i rifiuti pericolosi interrati a Scorzè Il giudice ammette la costituzione di Regione e Provincia come parti civili
Di Giorgio Cecchetti

Stando alle accuse, avevano interrato sotto l’autoparco e il centro logistico di via Drizzagno, a Scorzè, oltre 28 mila tonellate di rifiuti contenenti amianto e ora sono sotto processo per rispondere di traffico di rifiuti pericolosi e getto pericoloso di cose davanti al giudice monocratico di Venezia Sara Natto, che ieri, in aula, ha respinto le eccezioni dei difensori: la prossima udienza sarà il 30 aprile. Gli avvocati avevano messo in discussione la competenza territoriale del Tribunale di Venezia e contestavano la costituzione di parte civile della Provincia, con l’avvocato Giuseppe Roberto Chiaia, e della Regione, con l’avvocato Chiara Drago.

Gli imputati sono sei: c’è l’imprenditore padovano Alberto Merlo (49 anni), dell’omonima ditta edile di Borgoricco, e uno dei suoi più stretti collaboratori, Silvano Bolzonella (47, Santa Maria di Sala), il direttore dei lavori, l’ingegner Danilo Michieletto (49, Scorzè), Elio Carraro (73, Vigonza), titolare della »Carraro Fratelli srl» di Campodarsego, Lino Pigozzo (60, Noale), titolare della «Pigozzo Scavi snc» di Salzano, ed Ennio Telve (54, Camposampiero), responsabile tecnico della ditta «Telve Rigo» di Vedelago.

L’indagine era partita alla fine del mese di settembre 2009, quando gli uomini del Corpo forestale dello Stato avevano compiuto controlli nella sede della «Carraro Fratelli» di Campodarsego, che avrebbe frantumato e miscelato rifiuti pericolosi contenenti amianto, vendendoli poi alla «Merlo» di Borgoricco, che aveva utilizzato migliaia di tonnellate per l’autoparco sulla strada Noalese di Scorzè. Carraro avrebbe anche continuato, sempre stando alle accuse, a utilizzare gli stessi detriti e scarti edilizi anche dopo che il personale del Corpo forestale e dell’Arpav aveva segnalato la presenza di tracce di amianto. Merlo e il suo dipendente Bolzonella, specificamente incaricato della valutazione della documentazione tecnica che riguardava i materiali riciclati utilizzati dall’impresa, devono rispondere di aver acquistato da Carraro e dagli altri due imprenditori, il noalese Pigozzo e il padovano Telve rifiuti invece che materie prime secondarie da interrare sotto il grande parcheggio e il centro logistico di Scorzè. La responsabilità dell’utilizzo di quel materiale la aveva anche il direttore dei lavori Michieletto. Nel settembre di cinque anni fa, il pubblico ministero Giorgio Gava, che ha coordinato le indagini, ha chiesto e ottenuto il sequestro dell’intera area del cantiere, 110 mila metri quadrati. I lavori, che avrebbero dovuto concludersi nel 2010, si erano fermati e poi c’era stato il bisogno di bonificare l’area.

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