All'esame con l'auricolare Bluetooth: studentessa indagata

Venticinquenne veneta si era presentata a Procedura civile con un armamentario per ricevere le risposte da un amico che stava a casa

PADOVA. Non bisognerebbe mai raccontare di aver superato un esame universitario in modo fraudolento, ma confidarlo a qualcuno ancor prima di farlo è molto peggio. Ed è accaduto visto che sono stati alcuni studenti a raccontare al preside di Giurisprudenza che venerdì 13 maggio una loro compagna era pronta a ricevere con un auricolare molto piccolo, bluetooth, le risposte per l’esame scritto di Procedura civile alle domande che lei poco prima avrebbe dettato al "complice" che stava a casa.

Il preside non ci ha pensato un attimo ed ha avvisato la polizia. Venerdì a quell’esame, al quale hanno partecipato 170 studenti, poi divisi in tre aule si sono finti allievi pure due agenti, ovviamente in borghese che hanno osservato per tutta la durata dell’esame la ragazza sospettata.
Alla fine l’hanno bloccata e visto che avevano in mano il decreto di perquisizione già firmato l’hanno invitata a mostrar loro quello che aveva sotto gli abiti: ossia un telefonino, un filo con un microfono mimetizzato con una collana che indossava e un auricolare che, grande pochi centimetri, era nascosto e invisibile tra i capelli. Le venticinquenne veneta non ha potuto che ammettere, e indicare chi fosse l’interlocutore che le aveva dettato le risposte, ossia un suo coetaneo che proprio da casa sua era pronto con il libro di Procedura civile aperto.
Tutta l’operazione, che le avrebbe portato 

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