«Aev Dese, il Comune apra la strada»

I blitz dei nomadi: Pighin possiede un'area e bacchetta i residenti
 
DESE.
«L'Aev Dese è prevista da trent'anni, chi abita in zona sa o finge di non sapere che dovranno sorgere capannoni e dunque non può lamentarsi». L'architetto mestrino Giampaolo Pighin (nella foto), che ha delle proprietà proprio nell'immensa area ad attrezzature economiche varie al confine tra il comune di Marcon e quello di Venezia, interviene sulla polemica ingaggiata dal comitato di via Bosco Berizzi contro i nomadi che da mesi stanziano ciclicamente lungo la strada creando disagi ai cittadini e lasciando spazzatura ovunque. «Quel sito - prosegue - non è mai stato destinato a residenza, chi si è comperato la casa lì sapendo ciò è un ipocrita. I nomadi si piazzano con i camper e casualmente spariscono cavi elettici, coperchi dei tombini, taniche di benzina. Se la strada fosse veramente percorribile e sfociasse in via Pialoi come dovrebbe, e come di diritto per chi ha sottoscritto le convenzioni, gli zingari non potrebbero sostare. Quando la strada è stata consegnata era tutto in ordine e c'erano le luci: adesso i lampioni sono spenti proprio perché lasciando la via morta qualcuno ruba i cavi e ci costringe a spendere denaro per ripararli. Poi alzano tombini con il rischio che gli abitanti si facciano male cadendoci dentro. Il problema nomadi si risolve aprendo veramente la strada, il che potrebbe anche risolvere gli ingorghi».  Ad esempio quelli che si creano le domeniche di dicembre con il Valecenter aperto, quando la circolazione è completamente bloccata e raggiungere la tangenziale è un'impresa. «La segnalazione alla Procura la faremo noi - conclude l'architetto Pighin - Abbiamo già fatto presente la questione al Comune in più di un'occasione: se l'amministrazione agevola ingiustificatamente i comitati a danno dei lottizzanti li denunceremo. È ora di farla finita con questa storia: i cittadini stanno condizionando il Piano per i loro interessi specifici e ciò è palese».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia