Addio a Rossana Molinatti, “indossò” l’arte al Carnevale di Venezia

VENEZIA. Non c’era ago, filo, tessuto, che non si piegasse alla sua immaginazione. Tra le sue mani piccole e veloci, le stoffe prendevano forma, la forma assumeva vita e la vita veniva soffiata dentro la rappresentazione di capolavori dell’arte diventati tessili, portatili, esibiti al Carnevale «per far conoscere a tutti il bello».
Rossana Molinatti è morta il 6 gennaio all’età di 92 anni, dopo una lunga vita passata a creare costumi, a dividersi tra la macchina da cucire, la fotografia, la realizzazione di cortometraggi, le lezioni di cinema (all’Università della Terza Età) e di yoga.
Con libertà e ironia, la costumista veneziana ha animato innumerevoli Carnevali della città grazie alle sue creazioni, la prima delle quali fu “Il bacio” di Gustav Klimt del 1987, premiata come Maschera più bella.
Un’opera all’interno della quale si celava la stessa costumista che, nascosta sotto metri di tessuto tagliato, cucito, ricamato di nastri, intarsi, bottoni, si divertì a passeggiare per le calli e Piazza San Marco con i due innamorati allacciati in uno degli abbracci più famosi della storia dell’arte.
L’estro, talento naturale, trovò terreno fertile in questa donna minuta che si era diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia e che per molti anni lavorò alla Sip dopo la morte del padre, avvenuta quando lei ancora adolescente.
L’amore per l’arte, per il bello, uscirono fuori con una serie di “quadri viventi” che contano - tra gli altri - “IL Leone di San Marco”, “Cleopatra” , “Il Ratto d’Europa” dal Paolo Veronese a Palazzo Ducale, “Ettore e Andromaca”da un dipinto di Giorgio De Chirico.
Nel 1988, Rossana Molinatti stupì ancora una volta, e più delle altre, con “La vestizione della sposa”, ispirato all’omonimo dipinto di Max Ernst. Un costume di forte impatto, con il quale rischiò una multa per essersi messa in posa davanti alla Basilica di San Marco. Le sue opere, donate in gran parte al Comune, stanno ancora attendendo il loro piccolo museo. —
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