A villa Friedenberg gli ebrei perseguitati

Una ricercatrice e un testimone oculare: «Dal ’43 i tedeschi vi ospitarono prigionieri diretti ai campi di concentramento»
Di Maurizio Toso
fridenberg / per andrea
fridenberg / per andrea

CHIRIGNAGO. C'è una stanza dei nomi e degli indirizzi perduti a villa Friedenberg, la residenza settecentesca di via Asseggiano. Una stanza che racconta una storia di dolore che qualcuno ricorda e troppi ignorano: dal 1943 in poi il complesso è stato un centro di smistamento per gli ebrei che venivano spediti nei campi di concentramento. Non è solo una diceria di paese. Del fatto non solo si è occupata, seppur non in modo specifico, la dottoressa Irene Cerello nella sua tesi di laurea discussa a febbraio nell'ambito della facoltà di Lingue dell'università Ca'Foscari, ma c'è anche un testimone diretto: si tratta di Sergio Bassetto, classe 1935, che nel 1943 si trovava in villa come molti altri sfollati dopo il bombardamento alleato su Chirignago, tragico evento ricordato anche da una lapide ancora visibile nell'atrio del consiglio municipale di piazza San Giorgio. I ricordi di Bassetto, che visse nella residenza di via Asseggiano fino al '63, sono nitidi, ricchi di particolari. Poi ci sono le voci che giravano da tempo, visto che più di qualcuno in paese sapeva che al termine di via Risorgimento, durante l'ultima guerra, non trovavano posto solo gli sfollati ma anche prigionieri. Sull'identità di questi ultimi le opinioni erano differenti, ma già qualcuno assicurava che a villa Friedenberg venivano fatti passare gli ebrei prima di un viaggio, spesso senza ritorno, verso i campi di sterminio.

Per capire meglio la storia è necessario ricordare due date. Nel 1938 il regime fascista, sempre più legato alla Germania di Hitler, adotta le leggi razziali: da un giorno all'altro essere di religione ebraica comporta la perdita di tutta una serie di diritti. Nel 1943, dopo l'8 settembre, anche agli ebrei italiani tocca l'amara sorte di quelli di tanti altri paesi europei: rastrellamenti e spedizione nei campi. Succede a Roma, succede anche a Venezia, la città che per prima nel '500 aveva realizzato un ghetto.

A questo punto la grande storia si intreccia con di villa Friedenberg. E il testimone diretto è il signor Sergio, ora residente a Spinea. Nonostante siano passati quasi settant'anni, i suoi ricordi sono vivissimi. «Ero un bambino di otto anni nel 1943, io e la mia famiglia facevamo parte del gruppo di sfollati che erano stati sistemati all'interno di villa Friedenberg», racconta, «dopo il bombardamento. Ricordo bene i prigionieri ebrei: i tedeschi li portavano in via Asseggiano con un carretto con i cavalli. Una volta fatti scendere li portavano a fare i loro bisogni nel bosco attorno alla villa per un motivo molto semplice: nella stanza dove li avrebbero poi rinchiusi non c'erano i servizi igienici e là dentro dovevano stare in tanti, dai trenta ai cinquanta. Mi ricordo bene dov'era la stanza, si trovava vicino al porticato dove noi bambini passavamo il tempo giocando con biglie di gesso. Al tempo non potevo sapere cosa stava succedendo, ignoravo l'esistenza dei campi di sterminio. Solo dopo ho saputo. Su quei muri, anni dopo, erano tracciati centinaia di indirizzi e nomi, tutti di gente passata per quella stanza. Una sola cosa sapevamo: che la mattina dopo il loro arrivo non c'erano più, li avevano già portati via». Facile che i tedeschi e i repubblichini, avessero utilizzato la vicina stazione di Asseggiano per indirizzare tanti innocenti verso i campi di sterminio.

«Due-tre anni fa ho accompagnato lì anche il rabbino di Venezia», raccontra, «per fargli vedere tutto. Quello che preoccupa è che la villa è in abbandono e rischia di cadere tutto». La villa, insomma, non è solo una traccia delle origini settecentesche di Chirignago ma anche delle più recenti e dolorose pagine della sua storia. Il racconto di Bassetto, le ricerche della dottoressa Cerello, sono destinati a riportare alla luce una storia che in tanti non immaginano nemmeno passando davanti a villa Friedenberg. Una storia che è destinata a riaprire il dibattito sul destino dell'intero complesso.

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