A San Marco il ghiaccio galleggia sull’alta marea

Nella notte più lunga tra le ansie dei negozianti e la curiosità dei turisti la città si trasforma in un “pack antartico” lasciando tutti a bocca aperta
Di Manuela Pivato
Interpress/Tagliapietra Venezia 12.02.2013.- Acqua alta a Venezia. San Marco
Interpress/Tagliapietra Venezia 12.02.2013.- Acqua alta a Venezia. San Marco

Il cielo ha scaricato tutto quello che poteva. Pioggia, neve, tuoni, lampi e saette. E il mare ha fatto il resto, spingendosi in laguna fino a inzuppare le calli, i campi, i sottoportici, le corti annullando i confini tra canali e rive, masegni e fondi melmosi. Per una notte - notte rarissima, gelida e lattiginosa - l’acqua salata e l’acqua ghiacciata si sono fuse l’una con l’altra, e dove l’una avanzava l’altra arretrava, tanto l’una saliva quanto l’altra si scioglieva, in una schermaglia atmosferica che assomigliava a un minuetto amoroso.

La città, che temeva i 160 centimetri delle previsioni e di conseguenza non ha fatto troppe tragedie di fronte ai 143 centimetri di mezzanotte, ha assistito alla follia meteo come normalmente fanno i turisti specchiandosi nella prima pozzanghera in Piazza. A bocca aperta. Nella notte della tempesta perfetta, della sovranità dell’acqua in tutti i suoi stati, Venezia ha svelato qualcosa di assolutamente inedito e straordinario: il candore dell’inverno, i fulmini dell’estate e la marea dell’autunno, tutto insieme.

Piazza San Marco come un pack antartico; prima tutta neve, poi acqua e neve, poi blocchi di ghiaccio che galleggiavano tra i tavolini dei caffè, i bidoni dei rifiuti, i mucchi di coriandoli, i gazebi e i palchi del Gran teatro del Carnevale, prima e principale vittima del big monday.

Decimato dal gelo, il popolo della festa si è ritrovato così a dover cercare nei negozi scarpe con il pelo invece di mascherine, calzettoni da montagna invece di autoreggenti, colbacchi da steppa invece di cappelli pazzi. Avrebbe dovuto ballare sulle note della “Vie en rose” all’ombra del campanile e si è ritrovata a battere le brocche nei bar, nelle pizzerie, nei ristoranti mentre via XXII Marzo sembrava il Corso di Cortina.

L’effetto bianconatale era però destinato a risvolti ancora più soprendenti. Mentre la neve continuava a scendere, l’acqua incominciava a salire. A 80 centimetri, la soffice coltre della Piazza ha iniziato a rammollirsi, a cedere, diventare pappetta e infine sgretolarsi in lastre di ghiaccio che hanno imprigionato rifiuti, maschere abbandonate, piume spiumate e un congruo numero di topi non sufficientemente veloci.

E’ stato in quel momento che i turisti si sono resi conto di aver sbagliato acquisto. Attrezzati come per una discesa dal Civetta, si sono ritrovati all’uscita dei locali con i piedi a bagnomaria, bloccati agli imbarcaderi Actv con le valigie sulle spalle, in giro per i campi sperando di far balla e non acqua alta.

E’ stato in quello stesso momento che i veneziani, messa al sicuro la merce, disfatte le vetrine, sollevati i banchi frigoriferi, alzati i manichini, sistemate le barriere, controllato le caldaie, tolti gli zerbini, arrotolato le corsie di moquette, tirati fuori secchi, stracci e scope; insomma, fatto tutto quel che dovevano fare; è stato in quel quel paio d’ore fatidiche prima di mezzanotte che i veneziani si sono sentiti foresti nella loro città. Stranieri di fronte a qualcosa che a memoria di 70 enne non avevano mai visto. Santa Klaus, Smilla e il ricordo in sedicesimo del novembre del ’66.

A fotografare le gondole imbiancate e impiccate in Bacino Orseolo, per una volta, c’erano loro. A guardare quella Piazza irriconoscibile, i campi con le impronte che si rimpicciolivano man mano che l’acqua saliva, quasi cavallerescamente, perché se c’era una non ci poteva essere l’altra. Compiuto l’abbraccio, è rimasta solo poltiglia, una spruzzata bianca sui tetti e quattro fiocchi sui ponti. Poco romantico, ma almeno il martedì gtrasso si è salvato.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

GUARDA LA FOTOGALLERY

E COMMENTA

WWW.NUOVAVENEZIA.IT

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia