A giudizio due medici per omicidio colposo

VENEZIA. Saranno processati dal giudice monocratico di Mestre il 14 maggio prossimo per omicidio colposo la medico di famiglia di Venezia Emanuela Chiaranda e l’anestesista di Padova Giuseppe Fiore. I due professionista sono stati rinviati ieri a giudizio dal giudice Roberta Marchiori per la morte della 64enne veneziana Gianna Cerulli Pianon, decesso causato da una tromboembolia polmonare, provocata da una trombosi venosa profonda alla gamba sinistra.
Alla fine delle indagini, la Procura aveva concluso per l'archiviazione della posizione dei due medici: la veneziana Chiaranda aveva in cura la paziente mentre l’anestesista era intervenuto per una terapia contro il dolore. L'avvocato Matteo Scussat - per conto della famiglia della vittima - si era opposto e la giudice Giuliana Galasso, dopo aver sentito le parti in camera di consiglio, aveva ordinato al pubblico ministero Angela Masiello di formulare l'imputazione nei confronti dei due medici, chiedendone il rinvio a giudizio: «È sostanzialmente pacifico», scriveva la giudice Galasso nel suo provvedimento, «che il decesso avrebbe potuto essere evitato ove la trombosi venosa profonda fosse stata diagnosticata tramite ecodoppler, con conseguente avvio di un'adeguata terapia in grado di salvare la vita della paziente». «I rilievi autoptici», rilevava da parte sua l’avvocato di parte civile Scussat, «danno conto che la gamba sinistra aveva un diametro superiore alla gamba destra, riscontrando le dichiarazioni dei testi.
La Chiaranda, nella sua qualità di medico di base della Cerulli, pur visitandola, avrebbe omesso - in presenza un concreto fattore di rischio trombotico per la protratta immobilità, di una sintomatologia riferibile ad una possibile trombosi venosa profonda (edema, crampi, rossore, bruciore e febbricola) - di prescrivere accertamenti e consentire di avviare la terapia antitrombotica. Giuseppe Fiore, nella sua qualità di medico specialista in terapia antalgica, pur sottoponendo a visita la paziente pochi giorni prima del decesso, si sarebbe limitato a confermare la diagnosi di lombosciatalgia e ad eseguire un intervento epidurale» per limitare il dolore. Su richiesta del giudice la rappresentante dell’accusa ha firmato la richiesta di processo per i due medici, che ieri sono comparsi davanti ad un secondo giudice, alla presenza dei loro difensori. Al termine dell’udienza sono stati rinviati a giudizio.(g.c.)
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