Vent’anni fa moriva Massimo Mangano che fece grande Mestre

Michele Contessa / MESTRE
Vent’anni senza Massimo Mangano, uno dei tecnici più preparati del basket italiano e uno degli allenatori più amati a Mestre. Vent’anni fa, il 5 maggio 2000, Mangano, siciliano di Palermo arrivato a Milano nel 1971, si spegneva all’ospedale di Napoli, dove era stato ricoverato qualche giorno prima, a causa delle conseguenze di un ictus che lo aveva colpito mentre si trovava al cinema: in quella stagione stava pilotando Scafati verso la Serie A/1. Avrebbe compiuto 50 anni il primo settembre e aveva già 619 partite in Serie A. Personaggio poliedrico, giornalista e scrittore, raggiunse la consacrazione tecnica alla guida del Basket Mestre, legando il suo nome a quello di Pieraldo Celada. Un binomio che si era composto ad Alessandria, dove Mangano conquistò la promozione in A/2 nel 1978. Quell’estate, Celada si trasferì a Mestre insieme a Mangano, dando vita al periodo d’oro del basket mestrino tanto da salire in Serie A/1, perdendo di un punto contro la Xerox Milano nel preliminare dei playoff. Era la Superga di Wingo e Harris, di Maguolo e Dalla Costa, di Borghetto e Forti. Mangano sarebbe rimasto al Taliercio quattro stagioni. Nel 1980 retrocesse in A/2 dopo lo spareggio di Milano contro Pesaro, ma nel torneo 1980-1981 riportò la Superga nel massimo campionato, spinto dalla coppia Jura-Brown. Nei playoff eliminò Rieti, facendo soffrire nei quarti l’Olimpia Milano di Peterson e D'Antoni, al PalaLido, perdendo di un punto gara-1. Ultima stagione con la permanenza in A/1, Jura e Brown spalleggiati da italiani come Forti, Arrigoni, Colombo e il giovane Teso, mancando i playoff solo per gli scontri negativi con il Latte Sole Bologna. Poi il lungo viaggio tra Udine, Fabriano, Treviso e Porto San Giorgio. Nel 1987 ritornò a Mestre alla guida della Cuki in A/2, ma la sua seconda avventura al Taliercio si fermò dopo 14 partite.—
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