Venezia. Nello stadio deserto una partita fantasma. Manca l’emozione

L’emergenza sanitaria colpisce anche lo spettacolo più bello per chi ama il calcio Venezia, clima da allenamento, senza i tifosi ne esce una sfida senz’anima
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 29.02.2020.- Calcio Venezia Cosenza.
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 29.02.2020.- Calcio Venezia Cosenza.

La parola chiave è “emozione”. Forse chi non ama il calcio non può capire. Ma se andiamo allo stadio sotto il diluvio o con l’afa che ti impicca, con lo spezzatino dell’orario o in una improponibile notturna, è perchè sai che il calcio ti può dare un’emozione. La tua squadra, o magari anche un giocatore bravo di una squadra che non è la tua. Emozione. E la partita che si gioca a “porte chiuse” - questo è il timbro impresso ieri sui campi, compreso lo stadio “Penzo” che ha accolto Venezia e Cosenza - è un divieto d’accesso non solo per i tifosi, gli sportivi, il pubblico, ma anche per le emozioni.

Interpress\M.Tagliapietra Venezia 29.02.2020.- Calcio Venezia Cosenza.
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 29.02.2020.- Calcio Venezia Cosenza.

Lo stadio senza la gente non offre una “bella partita”, nemmeno se la sfida finisce 4-4. Stadio vuoto, ieri a Sant’Elena, clima da partita d’allenamento. “Stack”, più o meno, il rumore del pallone calciato dai giocatori, un rumore che rimbomba e rimbalza sui gradoni vuoti del “Penzo”. E quanto urlano i giocatori, si sente tutto, Venezia e Cosenza si giocano punti importanti per la sopravvivenza in Serie B, squadre tese, dalla tribuna stampa dove ci si ritrova in una quindicina (ma non considerateci privilegiati, abbiamo assistito ad uno spettacolo tutto sommato triste) si sente anche quando i tacchetti centrano l’osso. Urlano gli allenatori, Pillon - che viene da Preganziol e allena il Cosenza - protesta per un presunto rigore (smentito dalle immagini) e si dimentica che stavolta non c’è il cosiddetto rumore d’ambiente a coprire le parole. Cartellino rosso, espulso. Va avanti così la partita, così strana, così insolita, senza emozioni appunto. Una partita dove conta meno di zero raccontare schemi con i numeri, ripartenze, pressing e avanti con il gergo calcistico.

 Finisce 1-1, un punto a ciascuno che non va bene a nessuno. Non è una bella partita: vuoi perchè le due squadre navigano nella mediocrità di una classifica che fa già scattare l’allarme, vuoi, e soprattutto, perchè non c’è emozione. Appunto. Longo fa gol per il Venezia in quella porta sotto la curva sud, ma non può aggrapparsi alla rete e urlare la gioia e raccogliere l’abbraccio dei cuori arancioneroverdi, perchè quella curva è chiusa. Lo stadio è chiuso. Fuori, sulle rive del canale, una ventina di tifosi ci sono, incitano da fuori, ci credono, come per una fede. Ma non possono vedere. Ci sono anche alcuni tifosi del Cosenza, sarebbe stata una bella coreografia, le due tifoserie sono amiche di vecchia data, ma il divieto d’accesso ha tolto anche questo, la possibilità di scambiarsi gesti di solidarietà sportiva, in uno scenario nel quale, qui come in tutti gli stadi italiani, si sa, il vaffa è il ritornello che va per la maggiore.

Interpress\M.Tagliapietra Venezia 29.02.2020.- Calcio Venezia Cosenza. Gol del Venezia, Longo.
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 29.02.2020.- Calcio Venezia Cosenza. Gol del Venezia, Longo.


Un quadro senza cornice, in una mostra nella quale le cornici spesso valgono più delle tele scarabocchiate. Cielo grigio, gioco blando, più o meno tutto tranne le emozioni. Scappa anche da sorridere, quando le squadre entrano in campo, si schierano sotto la tribuna alzano la mano per salutare. E si girano per salutare anche i distinti. Salutare chi? Rapida occhiata, Distinti e due curve assolutamente deserti, tribuna che accoglie anche i fotografi, per loro niente bordocampo. La tentazione di chiedersi se sono misure anti coronavirus è forte, se sono misure che servono, ma incombe il pericolo di sbordare in altri terreni, e, almeno in questa pagina, teniamoci aggrappati all’aspetto sportivo.

La partita va avanti, ogni fischio dell’arbitro entra di prepotenza nell’orecchio, tipo quello del vigile urbano che ti becca a passare col rosso. Non ci sono spunti da applausi e non può essere diversamente, non c’è un contesto che dia un po’ di batticuore. Brutta senz’anima, e l’anima è quella dei tifosi, della passione, dei colori, del tifo. Sembra un paradosso, ma forse proprio in questa partita, pareggiata dal Venezia, è maturata la vittoria dei tifosi. Si è capita la loro importanza, il loro ruolo. In un calcio sempre più “prodotto”, dove i grandi strateghi vogliono trasformare il tifoso in cliente, no, passione ed emozione non hanno prezzo.

Via, un sorriso: bordocampo vietato anche ai raccattapalle, per lo più minorenni. E allora ecco schierata una squadra di nuovi e inediti raccattapalle, impegnati e concentrati: Paolo Poggi, Mattia Collauto, Nik Marangon, Soligo, Soncin, Turato, Ciullo e Piovesan. Una squadra di ex eccellenti, figure storiche arancioneroverdi, qualcuno azzarda paragoni, ah, fossero loro in campo, ma non è un discorso elegante.

Interpress\M.Tagliapietra Venezia 29.02.2020.- Calcio Venezia Cosenza. Raccattapalle d'eccezione.
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 29.02.2020.- Calcio Venezia Cosenza. Raccattapalle d'eccezione.


La partita finisce e non possiamo neanche scrivere che la gente sfolla in silenzio. Il silenzio c’è, la gente no. Caro vecchio stadio “Penzo”, quante ne hai viste: gli anni dei pionieri, una Coppa Italia, l’era di Valentino e Loik, le sofferenze, le gioie, le parate di Gianni Bubacco, la serie A di mezzo secolo fa, e poi la fusione, il nuovo ciclo, il ritorno in serie A, il Chino e Pippo che facevano gol meravigliosi. E poi di nuovo la polvere, fallimenti e retrocessioni, e poi di nuovo l’altare delle promozioni. Ne hai viste davvero tante, caro Penzo, ma questa ti mancava, la partita nel deserto. Direte, è il calcio ai tempi del coronavirus, o forse è il calcio che, come tutti noi, gira in un frullatore e non ha tempo per meditare. Da tempo, caro Penzo, vogliono mandarti in pensione. E la partita senza emozioni, questa no, non te la meritavi. —




 

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